Recensione: IL VIAGGIO DELLE NUVOLE – il romanzo che narra Riace e la storia del suo sindaco Domenico Lucano

“…Poi ti imbatti in un libro che ti apre il cuore e ne sfoglia con te le pieghe ad ogni pagina letta.
Inizi il tuo viaggio immaginario, lo fai ad occhi aperti ed ogni sosta è una scoperta di gioia e di dolore, di viva realtà!
Ti trovi tra le vie silenziose di un borgo svuotato, che sanguina come il cuore di una madre abbandonata e che sopravvive aspettando il ritorno di un figlio.
Sei lì di fronte al vecchio del paese, l’ultimo, alla sua casa, respiri la stessa malinconia che li abita, la stessa sofferenza per quel luogo che è tutti i luoghi e che, come lui, si avvicina alla morte.
Sei con l’uomo che ha cambiato il destino della sua terra, con Mimì, a sognare e sperare che tutto possa rinascere per ricominciare a vivere nuovamente. A seguire la sua utopia e chissà, forse alla fine di questo viaggio potresti scoprire che è anche la tua, la nostra, del mondo intero…
Sei sulla spiaggia quando il mare restituisce il corpicino inerme di Aylan con la sua maglietta rossa come il sangue versato, come le lacrime che solcano i visi delle madri e dei padri del mondo intero per quel figlio morto nel viaggio della speranza e che è tutti i figli… Sono lacrime, quelle, che continuano a bagnare la battigia della tua anima , straziata da un’onda dannata e dal doloroso pianto…
E sei ancora lì, all’arrivo del barcone che con il loro grido d’aiuto e sofferenza, di quanti sono sopravvissuti alla traversata, aprono le porte delle opportunità, e quelle opportunità, Mimì, l’uomo dell’utopia, le raccoglie al volo ed è lì ad offrirle a quanti vogliano accoglierle, come lui, nel proprio cuore.
Siamo tutti figli della stessa terra, guardiamo lo stesso cielo ed il nostro destino è pronto ad intrecciarsi con i figli del mondo, il modo siamo noi a deciderlo.
Tutto questo è “Il viaggio delle nuvole”, ma è anche il viaggio del cuore e di chi il cuore lo segue. Il viaggio che ci porta ad aprire noi stessi agli altri, alla vita, ad aprirci all’amore per l’umanità e per noi stessi che siamo uomini e tutti figli di questa terra benedetta e maledetta dal Cielo, anche se spesso ce ne dimentichiamo.
È il viaggio delle nostre coscienze (per chi coscienza ha) che tutti, nessuno escluso, dovrebbe avere il coraggio di affrontare e di accogliere nel cuore.
Ci sono cose nella vita che si fanno perché, come dice la scrittrice Giusy Staropoli Calafati, “Valgono la gioia e la gioia è l’unica strada per la felicità!”
Ed io aggiungo che ci sono scelte che si fanno perché
valgono la VITA!”❤

(Pamela D.)
#riace #aylan #mimiilcurdo #nuvole #viaggio #arcobaleno

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PRIMA NAZIONALE: IL VIAGGIO DELLE NUVOLE

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Arriva il nuovo romanzo di Giusy Staropoli Calafati: IL VIAGGIO DELLE NUVOLE, Laruffa editore. A ottobre in tutte le librerie

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Improvvisamente ti accorgi che la gente è tutta in viaggio. Chi parte e chi arriva. Le vite di tutti si intrecciano, i colori si mescolano, ognuno ha la sua tinta, ma quella dell’amore è uguale per tutti: Rosso sangue. Esiste un destino che riordina la speranza dei colori, e indica la direzione delle nuvole. Eppure nessuno sa dove vanno. O forse no! I bambini lo sanno. Ci sono i luoghi con le loro storie, contenitori di cose difficili da potersi perdere: il bacio di una madre, le urla dei figli, il sole del mattino, la salute di un uomo. I giorni in cui tutto ricomincia. RICOMINCIARE è un bel verbo. Specie se si tratta di RICOMINCIARE a vivere. Tutti abbiamo una casa in ogni parte del mondo. Il paese che ti fa stare bene è casa tua. È Il viaggio e la meta. L’utopia e la normalità. E Riace è così: una casa per tutti. Dove Mimì, riapre la porta a chi arriva. Spinge e non respinge. E come tutte le case ama, Riace. Piange e sorride. Ramudullah sorride sempre, glielo ha insegnato Mimì. Vorrebbe portare Iolanda lì dove vanno le nuvole per darle il suo pezzo di sole e pure il bacio. Anche Nadira sorride. Lo fanno Chemine e Gabriel. A Riace tutti conoscono la tecnica del sorriso. E poi c’è il mare. È da lì che passa chi arriva. Mastrangelo quando poteva, segretamente, lo spiava. – Il mare luccica – diceva. Perché non poteva vedere come luccicavano i suoi occhi, che erano lo stesso colore del mare. Un libro necessario e una storia da conoscere. Perché certi racconti possono cambiarti la vita, o addirittura insegnarti a viverla (meglio).

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“Sapevo già dove avrei ambientato il nuovo romanzo ancora prima di cominciare a scriverlo. Sapevo già che nome avrei dato al protagonista. Anzi ai protagonisti. Perchè è uno, ma sono tanti.
Chi scrive, nel momento in cui scrive, assume le sembianze belle di una madre. Sa perfettamente cosa porta dentro.
Ci sono voluti quasi due anni. Due lunghi anni. Un romanzo scritto e poi riscritto. Ho vissuto giornate intere, settimane e mesi insieme a Mimì, a Gina. Al caro Mastrangelo, che è uno dei personaggi che più amo. E poi ho riso e pianto con Ramudullah, Nadira, Sebastiano. Mi sono davvero emozionata. E mi piace quello che ho scritto. E non è la storia di Riace e del sindaco che tutti sanno. C’è tanto di più. È una storia d’amore dentro la quale le vite di tutti si intrecciano, i colori si mescolano, ognuno ha la sua tinta, ma quella dell’amore è uguale per tutti: Rosso sangue.
Ad accompagnarvi a scoprire dove vanno le nuvole, ci sarà Mimì. Vi ci porterà grazie alla saggezza di Mastrangelo, agli insegnamenti del professore Mario, alla vita di don Natale e alla morte di Rocco e del piccolo Aylan. Ma solo Ramudullah sa dove vanno le nuvole. È con lui che scopriremo la direzione del viaggio. La meta, l’utopia e la normalità. Non è che voglia convincervi a leggerlo, ma penso dobbiate farlo, perché certi racconti a volte possono cambiarci la vita, aiutarci a viverla (meglio).
Sin d’oggi vorrei ringraziare tutti quelli che lo leggeranno emozionandosi così come è accaduto a me scrivendolo.”/Giusy Staropoli Calafati

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Dalla prefazione di don Ennio Stamile, referente regionale Libera, Calabria. 

[…]Questo romanzo è un caloroso invito rivolto davvero a
tutti, nessuno escluso, a prendere un pezzo del nostro paese per dargli speranza con l’unica forza disarmata e disarmante che è l’amore. L’amore vince sempre a volte anche perdendo. Queste pagine sono il racconto di una storia d’amore. L’amore per la propria donna o il proprio marito, per il proprio paese. Quell’amore che non conosce la diversità della pelle, che non si ferma neanche di fronte a ciò che sembra un muro non sormontabile come il non poter avere figli. Sì davvero “forte come la morte è l’amore”, come ci testimonia il Cantico dei Cantici.
Vorrei dire con queste note semplicemente grazie a Giusy Staropoli Calafati, per avermi condotto per mano a ri-visitare l’utopia di Riace, a vedere nuovamente la direzione delle nuvole, a rievocare pensieri, sentimenti, personaggi anche della mia infanzia nel mio paesino. Se ancora esistono donne e uomini come l’autrice di questo romanzo, sono sempre possibili quei processi di reale cambiamento che facciano uscire questa nostra Regione da quell’atavico fatalismo e rassegnazione
che la tiene prigioniera ormai da troppo tempo. Coraggio, allora, alziamo lo sguardo e vediamo che le nuvole vanno tutte in una stessa direzione quella della fraternità possibile e realizzabile sempre, al di là delle appartenenze, delle diversità, delle culture. […]


#ILVIAGGIODELLENUVOLE a Ottobre in tutte le librerie.

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LABORATORI DI LETTURA ESTIVI CON MATA E GRIFONE. I GIGANTI DI Giusy Staropoli Calafati

1Sei un ANIMATORE? Un SACERDOTE? Organizzi CAMPI ESTIVI? Hai un VILLAGGIO? Un LIDO? Sei un AMMINISTRATORE? Un GRUPPO? Un’ASSOCIAZIONE?
Allora Non perdere l’occasione di far divertire i tuoi ragazzi.

Vii informo che durante il periodo estivo è possibile organizzare divertenti laboratori di lettura animata, all’aperto, sui #GIGANTI. L’invito è rivolto soprattutto agli organizzatori di campi estivi, agli enti comunali, ai gestori di raduni gigantari, ecc… E poi anche ai villaggi che intendono offrire ai loro ospiti, grandi e piccini, l’occasione di una fare una nuova esperienza, durante la quale entreranno in contatto con una delle tradizioni più belle della nostra terra: i giganti Mata e Grifone. Per partecipare al laboratorio è previsto un costo di €12 a persona, con il quale ogni partecipante riceverà in omaggio una copia della favola dei giganti. Nessun costo invece per chi avesse voglia di organizzare l’esperienza.copertina libro giganti
Chi sono i giganti? Cosa rappresentano? Qual è il mondo dei giganti? Qual è la musica che fa ballare i giganti?
Insieme faremo la festa più bella che c’è.

#Invasionidigiganti #mataegrifone #giganti #tradizioni #libri #divertimento

Per info: giusystaropoli@libero.it  – Cell. 3939900337

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MATA & GRIFONE / RIACE & I MIGRANTI

SLa storia leggendaria di Mata e Grifone ho sempre sostenuto abbia qualcosa di importante da raccontare. Qualcosa di bello per la vita degli uomini. L’ho scritta soprattutto per questo. Con questa consapevolezza. Perché come le favole insegni in tutta pienezza la sua morale.

Lui, il gigante Grifone, è un re moro venuto dal mare. Musulmano di credo, alimentato da terrore e ferocia; lei, la gigantessa Mata, una giovane onesta e bella, di religione cristiana, dalla pelle vellutata e color di rosa. Due opposti che si attraggono. Una storia d’amore che insegna che delle diversità non bisogna avere paura, che chi arriva non è mai minaccia ma occasione. E i giganti nel tradizionale e mitico ballo d’amore raccontano tutto questo. Lo fanno con la cadenza dei passi, l’affidamento al ritmo dei tamburi, i ghirigori delle loro lunghe vesti…
Essi si amano, si corteggiano e nel trionfo dell’amore si baciano. Le labbra nere di lui, sulla bocca color carne di lei.
Inclusione e accoglienza, amore e amicizia, identità che si scopre tra la prima e la seconda pelle. E lì vi rimane. Per sempre.
Una storia di conversione all’amore che tutto può. L’amore che può risollevare il mondo, sollevare con tutti i raggi il sole e dissetarsi dal sale del mare.
Mata e Grifone raccontano, parallelamente alla vita degli uomini, la dualità millenaria tra gli opposti: l’amore e l’odio, il predatore e la preda, il bello e il brutto, I saraceni e i turchi, l’oriente e l’occidente, Il Nord e il Sud, la Bibbia e il Corano, Il cristianesimo e il musulmano. La perfezione e l’imperfetto che unendosi si fanno ineguagliabile bellezza. Un solo corpo, un solo sangue, un unico colore della pelle. Rosso come ciliegie di ferrovia, come rosso è l’amore, quello che accosta, unisce e mai più divide e scompone. Esalta e non pregiudica, non giudica. Mata e Grifone narrano dunque la vita dell’alba e quella del tramonto e lo fanno con racconti che è lo stesso amore a coniare, e che sono viaggi mediterranei che si snodano lungo le coste tribulanti del Tirreno e dello Ionio.M Laggiù dove come un nido sopra di un fiore sorge#Riace, la nuova Mata, e cantano inni al pane i #migranti di “ararat” i nuovi Grifone. Laggiù dove non un pellerossa, né un gigante, ha scritto una storia d’amore contemporanea che tra tutte le favole, ha la morale più bella:#LAVITA, la stessa che Mata sacrifica per seguire il suo amato Grifone.

Giusy Staropoli Calafati

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I GIGANTI di Giusy Staropoli Calafati SULLA SCATOLINA DELLA LIQUIRIZIA AMARELLI

xEDIZIONE LIMITATA

L’#Amarelli di #Rossano dedica una delle sue tradizionali scatoline di latta ai leggendari #giganti #Mata e #Grifone, due beneaguranti figure della #mitologia, sempre più presenti in #Calabria durante le feste di piazza. Sulla confezione da 20 gr è impresso anche il nome della scrittrice Giusy Staropoli Calafati, autrice di un apposito progetto di carattere antropologico. (Da: L’altra Calabria)

[…]Chi lo avrebbe mai detto che io e i miei #GIGANTI saremmo andati a finire sulle scatoline della liquirizia più famosa del mondo? y
Un’emozione unica. Grazie di cuore all’azienda Amarelli per questa edizione limitata bellissima che racconta con immagini e sapori, grandi storie di#Calabria. […] (giusy s.c.)

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PER ORLANDO. IL PENSIERO DI GIUSY STAROPOLI CALAFATI PER IL GUERRIRO DI SOVERATO “Orlando Fratto” E LA SUA MAMMA.

Se tra tutte le cose della vita potessi sceglierne una che abbia lo stesso odore dei fiori, sceglierei i figli. Sono l’unica corolla che tiene uniti tutti i petali. Quelli con tanti nomi, tutti belli. Tutti dolci come i nomi dei figli.

E ci sono madri, che nelle immense distese di fiori, scelgono i propri. Tra tanti proprio quelli. I giusti. Che se ne stanno a fila per essere chiamati con il loro nome.

Anche le madri sono tante e tutte belle come le rose.

I miracoli del profumo del fiore, che fanno i figli quando s’aprono a primavera, sono proprio le madri.

E ce n’è una, che come Maria con il suo Cristo, racconta la sua storia, fatta di croci e di più di tre chiodi, sopra cui soffia il profumo inodore del fiore. E abita laggiù. E sapeste com’è bella!

Porge l’orecchio allo Jonio e sente il vento e la brezza della sera accarezzarle i suoi seni che prima hanno allattato, e il ventre suo che ha partorito. E in quella parte di terra che fa la risacca il mare, bacia in fronte suo figlio.

– Qua, qua, ma’. Un bacio qua – gli dice Orlando. E lei si stende, fino a lì. Ma non ci arriva. E la distanza cresce. Più del mare. Aumenta.

– Lo Jonio non basta più. Ci serve l’oceano, ma’.

– E chi ti ci porta, figlio mio?

– Mi ci porta il mare, ma’. Il mare della nostra terra.

– E torneremo poi, Orlando?

– I guerrieri tornano sempre, ma’.

Orlando prima di partire, aveva lasciato sul letto la foto della gente della sua terra. Non l’aveva dimenticata, no. Si era solo lasciato alle spalle una scusa per ritornare.

Perché sa che lo stiamo aspettando.

– Orla’, sta casa aspetta a te!

Giusy Staropoli Calafati

Per contribuire alla vita di Orlando basta fare anche una piccola donazione:

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SAVERIO STRATI. GIUSY STAROPOLI CALAFATI LASCIATA FUORI DAI NUOVI PROGETTI SULLO SCRITTORE CALABRESE. LA LETTERA DELLA SCRITTRICE.

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Tutto cominciava così: «C’è una scrittrice che non abita a Sant’Agata del Bianco, eppure ogni giorno con i suoi occhi e la sua mente arriva nella piazzetta di Tibi e Tàscia, o nel promontorio di Còla, trasportata da un bisogno viscerale. Difatti, il suo “faccia a faccia” con lo scrittore santagatese Saverio Strati non può che portarla, inevitabilmente, tra le fontane, le case di pietra e gli angoli più nascosti del nostro paese. Questo perché Giusy Staropoli Calafati è un’attenta studiosa di Strati, ne conosce la radice dolorosa, il talento, il respiro delle pagine». (Domenico Stranieri, sindaco di Sant’Agata del Bianco)

Il mio rapporto con Saverio Strati è certamente un rapporto post mortem, direbbe qualcheduno. Eppure il grande Saverio lo conobbi, anche se en passant, da bambina, a scuola, quando ancora eravamo vivi entrambi.  Ritrovandolo poi abbondantemente adulta entrambi nella sua opera più bella e genuina: Tibi e Tascia, la cui lettura mi apre un varco incredibile nella selva “benedetta” della letteratura-vita calabrese.

Certo, non sono una studiosa di rango, come qualcheduno dice debbano essere coloro che mettono mani sul mondo stratiano per esempio, anche se con Strati, ahimé, condivido la laurea mancata. Un titolo che però non ci diventa indispensabile, visto che la laurea appunto, non dà cuori da mettere nei petti, e non dà talenti se non li possiedi. Aiuta, sviluppa, apre. Eccome se lo fa! Ma il resto va da sé. O c’è o non c’è.

In ogni suo libro ho incontrato e conosciuto, Saverio Strati. Ho stretto con lui un forte legame. Un’amicizia. Un rapporto piuttosto profondo. Quasi parentale. Tanto da scegliere di percorre in viaggi di sola andata, l’itinerario dei suoi luoghi.

qqSant’Agata del Bianco, quando senza dir nulla a nessuno, nel silenzio più assoluto del piccolo paese della Locride, percorsi via Delle porte Pinte, fino alla piazzetta di Tibi e Tascia. E lì ne rintracciai l’identità assoluta dell’uomo e dello scrittore.

Africo, dove con persone bellissime, che conoscono le viscere di quella montagna, mi sono introdotta a Terrarossa con tutta l’anima che ho dentro.

Scandicci, dove dal cimitero di San’Antonio alla casa di Strati, ho percorso un tot di strada quasi con il magone di quando stai per incontrare un Grande. E lì, proprio lì, in quella via Giotto, trovai su di un citofono il nome dello scrittore che cercavo.

E poi le conoscenze più svariate e varie. I nipoti per esempio, quelli con cui il caro Saverio, a Scandicci, aveva trascorso il resto della sua vita. Il grande amico fiorentino, il mitico gallerista Pananti, con cui abbiamo avito modo di parlare dell’uomo e dello scrittore. Dell’amico Strati.

Per non dire poi gli amici di casa che ho conosciuto, e le case che Strati frequentava, che ho visitato. Sono stata nel regno librario di Carmelo Filocamo, amico fraterno di Saverio. Ho conosciuto e parlato con immensa devozione con il professore Walter Pedullà. Bellissimamente mi sono confrontata  con il caro amico e compaesano, il professore Luigi M. Lombardi Satriani. E ho conosciuto uno ad uno, i personaggi stratiani. Tutti veri. Tutti reali. Cicca, Carmela, mastro Filippo, Leo, Michele, Rocco. Tutti tutti.

Strati, l’ho profondamente studiato, se è lecito e possibile farlo con un piccolo diploma di un Istituto tecnico commerciale come il mio. L’ho analizzato da tutti i punti di vista, tanto da voler riaccendere i riflettori su questo scrittore di cui in tanti si erano dimenticati. Per un senso di responsabilità che ho sentito di avere nei suoi confronti, ma soprattutto per il senso di benessere che mi fa provare la lettura dei suoi romanzi.

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Sono stata a Sant’Agata del Bianco a parlare di Strati, assieme a tanti illustri, quando nel mese di agosto del 2014, con l’allora sindaco e amico Giuseppe Strangio, si celebrarono i 90 anni dello scrittore, morto però mesi prima, in aprile. Sono tornata l’anno dopo, nel 2015, per presentare il mio saggio: SAVERIO STRATI – non un meridionalista ma il meridione in sé che parla, assieme al professore Domenico Talia. E quello stesso anno, usciva un mio saggio breve sullo scrittore, sulla rivista  Il Ponte, sulla quale Strati aveva appunto pubblicato, da giovane, i suoi primissimi racconti. Nel 2016, tornavo a Sant’Agata con una nuova pubblicazione: SAVERIO STRATI due racconti, presentando due racconti appunto, quasi del tutto misconosciuti. Uno avuto in originale direttamente dalla famiglia, e l’altro cedutomi dal prof. Leonardo Alario, per il quale Strati lo aveva propriamente scritto.

Da qui l’impegno costante e in ascesa, nella diffusione dell’opera stratiana con il gruppo RILEGGIAMO SAVERIO STRATI sui social, fino ai tantissimi incontri con gli studenti di varie e svariate scuole calabresi, a cui presento Strati nella sua immensa grandezza di narratore. Raccontandone la poetica, il pensiero, la vita, l’opera. L’uomo.12096484_974709322591546_8361701807863950994_n

I risultati? Addirittura una tesina su Strati da presentare agli esami di maturità.

Una grande soddisfazione per me che, gratuitamente, introduco lo scrittore giorno dopo giorno nelle scuole e tra le gente. La sua gente di Calabria. Un percorso faticoso ma bello, che dura oramai da diversi anni e di cui vado molto orgogliosa. E che per funzionare non ha bisogno di parole ma di fatti. Non riconoscenze, ma risultati. E funziona. Funziona alla grande.

E poi…, del poi che posso dirvi!

Nel 2017 pubblico il mio primo romanzo. Una solo dedica in calce: A SAVERIO STRATI.

Ne LA TERRA DEL RITORNO, lo scrittore di Sant’Agata, torna e finalmente, come Dio comanda, sotto i riflettori e per la prima volta in un romanzo, sua vera casa natale. E grazie anche ad un firma assai appartenente al suo essere figlio della montagna, quella di Gioacchino Criaco, che consentitemi, resta forse uno dei pochi umili e grandi scrittori calabresi. Tra i pochissimi che Strati lo godono e lo fanno godere. Perché vi è l’appartenenza condivisa che li unisce.libro_pic

Un romanzo, il mio, in cui lo scrittore Saverio, viene affinacato da signore intellettuale, quale egli era, ai protagonisti Turi e di Tascia. Nel paese di Pietragrande, nella terra del ritorno e del pane. A lui dedico delle pagine che ne recuperano l’essenza e la poetica, ma soprattutto  stimolano il lettore alla ricerca di chi realmente esso fosse. Missione perfettamente riuscita, tra i giovani in special modo, che scoprendo la letteratura stratiana, sentono di avere un motivo in più per riconquistarsi nella propria terra.

“Quanto hai detto tu  di Saverio, in queste poche pagine a lui dedicate, non lo hanno fatto i critici in interi libri”, recita in una sua recensione il prof. Leonardo Alario di Cassano alla Jonio, amico fraterno di Strati allora, e oggi anche amico mio.

Da qui in poi, lo trappo. Quello di cui mi accorgo solo piano piano.

La Calabria che prima era terra cucita d’un pezzo, quella in cui ho sempre creduto e per la quale mi batto, diventa piena di cuciture. Difficilmente comprensibile. E mi si pone innanzi con il primo  rigetto da parte di alcuni parenti calabresi dello scrittore, con i quali contavo di aver instaurato, dal punto di vista propriamente umano intendo, una bella e sincera amicizia; poi con l’allontanamento, seppure garbato, dal paese natio.…. Uno sciò sciò, insomma, che va crescendo.

“Chista unn’è terra tua”.

E così, vengo lasciata prima fuori dalla commissione pro-Strati, ennesima beffa allo scrittore della politica regionale, che non ha portato alcun risultato pur essendo abbondantemente costata. E poi, ed ecco che lo strappo diventa proprio “ sciancatina”, neppure un cenno o un misero invito alla presentazione del Premio Strati, tenutasi di recente a Sant’Agata del Bianco.  Come fosse scritto: LA VIBONESE DEVE RESTARE FUORI.

E poi…, poi tanto altro che non è necessario dover aggiungere. Perché le beffe fanno male. Male assai. Per dirla alla Strati: perciano il cuore.

Una vecchia Calabria, lupa e femmina meschina, che non è mai finita, la ritrovo. E viene fatta emergere ancora da certi e obbligata a certi altri, che per amicizia e cazzonaggine, politica da sottoscopa, accozzano a quelli che si sentono puzzare di scienza.  A cui viene dato l’agio della puzza ovviamente.

E ci si avvia alla riscoperta dei minchioni di cui parlava proprio Saverio Strati. I paraculi della cultura. Cultura, signori, non noccioline. Intellettuali, scrittori. Intelletti di un certo rango.

E perché tutto questo?!

Forse perché questa terra cambia il pelo ma non il vizio.  Perché ancora vige la regola sociale del tutto a me e dell’altro chi se ne fotte. E poi d’altro canto, perché proprio io avrei dovuto raccontare di Strati? Io che vengono dalle Serre e non dall’Aspromonte.  Che vengo dal mare  e non so niente della montagna. Giusto io?

La cultura in questa terra è una fottuta guerra tra poveri.  Non abbiamo mai smesso di essere nemici di noi stessi. E moriremo per questo. E il torto non lo fate a me, nella certosina vostra opera di distruzione di quanto gli altri costruiscono, ma a quello Strati, caro Strati, che tanto dite di amare e tanto vi appartiene.

Voleva vivere nei libri, il caro maestro Saverio. E io è lì che lo trovo tutte le volte che lo voglio. Non vado a chiederlo a nessuno.  Perché non è di nessuno uno scrittore. Come i suoi libri diventa immediatamente di tutti. E se per mezzo mio se ne è ritornato fortemente a parlare, non posso che esserne felice. In fondo l’ambizione era questa. Farlo tornare, Saverio Strati. Che sia io a parlarne o siate voi. L’importante è che se ne parli, che lo si legga, che lo si pubblichi.

In ogni caso, io, senza sé e senza ma, nonostante tutto, continuerò la mia battaglia culturale, in mezzo alla gente e fuori dalle poltrone,  lontana dai tavoli della scienza, riaccendendo i riflettori su uno scrittore DEL MONDO. E non c’è resa che tenga. I giovani mi cercano, perché Strati e quelli come lui li vogliono conoscere gratis. Entrando in maniera diretta  nelle viscere della loro storia. E mi presto con gioia a questo gioco, ché è bellissimo. Ché mi piace tanto.12208528_979928288736316_5828564578232222725_n

Pertanto cara Calabria mia, che pure io ti porto come il vecchio Saverio, dentro al petto come un organo, certi scrittori  ti dico che vanno percorsi con il cuore. Perché mentre altrove svaniscono, nel cuore non finiscono mai. Restano per sempre.

Cala’, non fare i capricci. Cresci e agisci. Qualificati.

E voi che credete di farla, la Calabria, non strumentalizzate la cultura, vi prego. Non fate degli scrittori, patrimonio comune, burattini alla Collodi. Non troverete pace mai. Mai, finché questa terra continuerà a divorare i suoi e nutrire gli altri.

#CHAPEAUSAVERIO

Giusy Staropoli Calafati (la calabrese)

 

 

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RIACE non deve finire.

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Senza se e senza ma #IOSTOCONRIACE.

Perchè mi piace, perchè è bella. Perchè è famiglia, vita, accoglienza. Perchè Riace c’è, esiste. Riace è abitata e crea, produce. Ma se resta sola muore. Se non viene alimentata, come la fiamma di una candela si spegne. E se Riace finisce, tanti uomini e tante donne, bambini, padri, madri, famiglie e sogni finiranno con lei.

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UN LIBRO PER ORLANDO il guerriero.

Qualche settimana fa ho letto su facebook la storia di Orlando Fratto, il guerriero. Non lo conoscevo Orlando e non conoscevo neppure la sua storia.
DDOrlando è un ragazzo calabrese, di Soverato, affetto da una malattia che per continuare a vivere necessita di un’importante operazione. Importante a tal punto che può essere sostenuta solo negli Stati Uniti e ha un costo di €300.000 circa. Una cifra impossibile per una famiglia modesta come la sua.
La Calabria però si sta mobilitando perché questo #figlio va assolutamente aiutato.
Allora mi sono chiesta io cosa posso fare. E ci sono. E non ho trovato associazione più bella. Intanto vorrei affidare Orlando nelle mani di mamma Natuzza, la mamma terrena per eccellenza, perché possa intercedere con Maria presso Dio e chiedere che la vita di Orlando torni così come torna sempre la primavera.
Per questo chiedo adesso il vostro aiuto. Nel 2013 pubblicai il libro NATUZZA EVOLO- due chiacchiere con Maria, i cui ricavati andarono tutti alla fondazione di mamma Natuzza. Da oggi in poi vorrei che i ricavati dei libri che avevo preso io da dare alla Fondazione, andassero per la causa della vita di Orlando. E l’idea è quella di metterli in vendita direttamente a favore del nostro guerriero. I ricavati verranno donati per la vita di Orlando. Mamma Natuzza ne sarà felice.SA
Chiunque volesse dare un’occasione ad Orlando con soli €10 +2 di spedizione ordinaria (+5 raccomandata) può avere una copia del libro. Potete ordinare le vostre copie scrivendo a giusystaropoli@libero.it, o contattandomi sulla mia pagina fb https://www.facebook.com/giusy.staropolicalafati
DIAMO VITA ALLA VITA!
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Il libro e l’uovo. I GIGANTI E L’UOVO DI CIOCCOLATO MONARDO

Un contest da favola con l’uovo di Cioccolato della terra dei giganti!

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Un libro rende tutto più buono. Le uova di Pasqua più #giganti. Se poi l’uovo viene dalla fabbrica di cioccolato del paese dei giganti allora è davvero una festa.
Uova Monardo + la favola I Giganti.
È bastato postare una foto con il nome del proprio bambino e avere tanti like, per vincere. Hanno partecipato in tantissimi, e like a parte i bambini erano tutti bellissimi.

 

L’obiettivo è stato quello di rendere un libro bello e saporito nelle mani dei più piccoli. E ci siamo riusciti. Hanno fatto a gara.

Chi ha vinto?

Con 283 mi piace, la piccola Viola Rubino.
Con 195 mi piace, il piccolo Jason Petrarca.

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Non smettete di seguire Giusy sul suo blog e sulla sua pagina facebook. La nostra Scrittrice ha sempre nuove proposte interessanti per i suoi grandi e piccoli lettori. KISS

 

 

 

 

P.S. grazie alla fabbrica di cioccolato MONARDO per le bellissime e buonissime uova.

 

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LA TERRA DEL RITORNO fa tappa a Vibo Marina.

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La felicità ha l’odore della terra!
[…]- Sai dov’è il posto del nostro amore, Tascia?
– Dove?
– Sulle labbra della nostra terra.[…]
Una storia d’amore. Una storia di terra e di pane. Una scelta di vita.
Un romanzo che chiede a tutti i costi di essere letto.
Per tutti coloro che hanno una terra da amare. Qualcosa o qualcuno per cui valga la pena di tornare e restare.
#laterradelritorno

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I GIGANTI. L’unico laboratorio che fa divertire i bambini portandoli nel mondo della festa.

3Il laboratorio artistico e di lettura con I GIGANTI
I bambini si vedranno protagonisti nel vestire i panni dei giganti e dei tamburinari.

Insieme leggeremo la bellissima favola che racconta la storia dei giganti e poi balleremo e suoneremo inscenando il gran ballo dei giganti. Realizzeremo disegni sui giganti e alcune immagini tratte dal libro le coloreremo divertendoci. Infine dove sarà possibile cercheremo con i bambini di costruire con quanto si ha a disposizione un piccolo gigante che tirato a sorte potrà essere portato a casa da uno di loro.2

Il costo del laboratorio è di €10. Inoltre a fine lavoro i bambini porteranno a casa una copia del libro sui giganti che oltre la favola contiene delle bellissime illustrazioni.

Per organizzare un laboratorio, che prevede un minino di bambini da 10 a 20,  o far partecipare il tuo bambino/a è possibile contattare Giusy Staropoli sulla sua pagina facebook, o chiamando al 3939900337.

Invasioni GIGANTARE e conquiste culturali.

copertina libro giganti

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I GIGANTI di Giusy Staropoli Calafati diventa un progetto didattico. Invasioni di giganti e conquiste culturali nelle scuole

9Progetto didattico I GIGANTI – Scuola dell’infanzia / Scuola primaria

A dirigenti, docenti, genitori. A tutti i bambini…

A sindaci e amministratori che intendono investire in cultura e produrne…

Il progetto ha in oggetto i tradizionali giganti processionali di cartapesta. Esso consiste nella realizzazione di un laboratorio di lettura della favola dei giganti, che permetterà ai bambini di entrare in contatto diretto con la bellezza di un mondo favoleggiante spesso conosciuto solo dall’esterno. Durante questa fase, i bambini si vedranno protagonisti nel vestire i panni del protagonista Rorò, dei giganti e dei tamburinari, che pur simpaticamente rivestono un ruolo importante, che dalla favola passa alla vita reale. Si ballerà e si suonerà inscenando il gran ballo dei giganti. 1A seguire, vi sarà la visione di un video nel quale i bambini ascolteranno dalla viva voce del protagonista del libro la storia dei giganti, e ascolteranno inoltre il canto dialettale che chiude la favola, con il quale ai bambini verrà anche spiegata l’importanza della lingua dialettale come simbolo prezioso di identità e appartenenza. Infine vi sarà un laboratorio artistico dove verranno realizzati disegni sui giganti e alcune immagini tratte dal libro potranno essere colorate.

copertina libro gigantiCon questo libro, abbellito anche da simpatiche illustrazioni, si cerca di trasmettere ai bambini l’importanza della lettura, portandoli a conoscenza di quello che è il profilo storico, leggendario e festoso dei giganti di cartapesta. Un laboratorio che produce cultura nel mondo della FESTA!!!13

Invasioni GIGANTARE e conquiste culturali.

I libri sono un cammino che porta alla felicità. Condividerla con i bambini (che saranno gli uomini e le donne di domani) é come costruire una casa sulla roccia.

L’obiettivo è invadere il mondo con i libri e conquistarlo per sempre.

A tu per tu con i libri: il bello della lettura, raccontando la storia dei giganti, suonando, ballando, disegnando e costruendo i giganti come simbolo di identità, tradizione, storia, festa e soprattutto ACCOGLIENZA. Grifone, il re moro venuto dall’Africa, di fede musulmana; Mata, la regina dell’amore, di credo cristiano.

I bambini, dovranno, dopo la lettura animata della favola, andare alla ricerca di parole chiavi capaci di racchiudere la storia di Mata e Grifone, scegliendo poi quella che più preferiscono, e che simbolicamente si tatueranno a penna  sulla propria mano perché possa accompagnarli nella loro “gigante” crescita.

Così scrive Santo Gioffré, scrittore di fama internazionale, nella prefazione del libro: […]Il Mito dei Giganti Mata e Grifone ci precede e ci rincorre fin dalla nostra nascita. Essi sono mischiati a questa parte della Calabria e alla Sicilia come la gramigna della terra rivoltata dall’aratro o il soffio del vento di scirocco che,da sempre, qui spira in modo improprio perché porta respiri affannosi, come quello dei bimbi quando, nelle sere d’estate, corrono dietro i Giganti che ballano al ritmo della maestria dei tamburinari. Tutti noi siamo cresciuti aspettando le feste di ferragosto quando i Giganti, la bellissima Mata ed il burbero Grifone, ci accompagnavano nelle nostre fantasticherie.[…]

LEGGERE E SAPERE PERCHÈ LA CULTURA È UNA STORIA D’AMORE.

6L’unico costo richiesto per aderire al progetto, da parte dei bambini che intendono partecipare è pari a €10, che corrisponde al costo del libro, che al termine dell’incontro con i bambini, verrà consegnato da portare a casa. Si tratta di un progetto nel quale la scuola può decidere se impegnarsi anche economicamente, o se condividere con le famiglie affidando loro il costo, come si sta già facendo in moltissime scuole di tutta la Calabria, per vedere quanti saranno i bambini che aderiranno al progetto. Molte scuole sono state già invase, altre sono in fase di conquista. E che la festa abbia inizio!

Per info e prenotazioni: giusystaropoli@libero.it / 3939900337

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I GIGANTI diventa un progetto nelle scuole

articolo

dal Quotidiano del Sud. Di Giusy D’angelo.

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Caro ragazzo mio del Sud!

Caro ragazzo mio del Sud…

Ho 39 anni e vivo in uccn piccolo paese, che se continua così, dicono che presto chiuderà. Perché al Sud anche i paesi rischiano di chiudere. Come le tante case già chiuse. Alcune per lutto, altre per viaggi…

Ma finché solo uno di noi rimane, dice mio padre, non accadrà. E così ho deciso di restare e per sempre.

Mio padre è un commerciante. Mia madre gli sta al fianco, manca poco, e saranno cinquant’anni.

Io cosa faccio di preciso non lo so. La ragazza, la moglie la madre, l’amica, la figlia, la sorella…. La certezza è che quando scrivo la mia restanza è più piacevole. Sconfina facilmente e me la gusto.

Abito in un appartamento circa sette metri sopra il mare. Al quarto piano di un palazzo bianco dove la salsedine insiste, ma sul bianco dei muri si confonde. Non si vede. Al naso però oramai la sento al volo. La gratto sopra i vetri, sul bucato che sventola, su di me che non mi sento mai fuori luogo, e sopra i sogni che impazzano. Ho tanti sogni. Non ho cassetti però. E allora sono costretta a realizzarli. Con fatica, sudore, lotta. E poi anche speranza, voglia di farcela per me e per chi come me ancora continua a sognare proprio da quaggiù.

Amo la mia terra con la stessa intensità con cui amo mia madre. Con lo stesso istinto con cui amo i miei figli. Perché, abbiate pazienza, ma sono la medesima cosa. E non dite che ci faccio, perché io ci sono.  Al Sud ci sono. Al mio paese ci sono, resisto, resto. E vivo. Rido, scherzo…, faccio quello che tutti i ragazzi come me fanno in tutto il mondo.

E c’è la scuola e c’è la chiesa. E nelle campagne, che se ne stanno accoccolate con i piedi sulla sabbia del mare e la faccia alla montagna, ci sono tanti forni per il pane. Tutti di pietra. E poi c’è la mia meravigliosa infanzia che conservo in ogni angolo di strada, nella fontane, e nello sguardo degli ultimi anziani.

Quaggiù a volte rido e altre piango. Ma poi mi accorgo che non tutto è perduto. Che le volte che piango accade perchè qualcun altro rida dopo.  È dura lo so. Eccome se lo so. Ma siamo figli della resistenza noi.

E tu, sai resistere, tu?

Sono arrabbiata e delusa. Sono una madre profondamente arrabbiata e delusa.  Perché comprendo ogni giorno che passa, che tu non hai pace, e non hai luogo. Sono arrabbiata e delusa, perché quattordici, diciassette e vent’anni li ho avuti anch’io. E la voglia di fuggire con così tanta asprezza, desiderio di rottura con l’origine di cui facciamo parte, e rancore, non mi è mai saltata addosso. Tu invece, nasci dal grembo del mio stesso Sud, e hai sin dal primo istante,  già in corpo, il desiderio incommensurabile del viaggio verso il Nord.

Cosa metti, ti prometti o ti promettono, in questi  viaggi che quasi sempre, e tristemente, sono di sola andata?

Qualsiasi cosa possa essere, fidati, è davvero sempre troppo poco. Perché il vero insuccesso di questo tanto rincorso viaggio della riscossa, a cui sembri costretto o obbligato, è il coraggio di lottare che ti manca. Di ridarti una possibilità se proprio pensi che  altri te l’abbiano tolta. Essere libero. Essere te stesso, senza doverti per forza, costruire falsi connotati altrove, per essere ben apprezzato dal mondo. Perché tu sei nel mondo. Tu sei del mondo. Noi siamo il Sud del mondo. Non un non Nord. Siamo il Sud, capisci?. Ci siamo, esistiamo così come siamo e basta.

A vent’anni, caro ragazzo mio del Sud, a vent’anni dico, non posso sentirti dire che non ce la fai più. Che sei sfinito, scoraggiato. Ricorda sempre che il lavoro, la dignità dell’essere umano, sono un riflesso precise dei nostri passi, delle nostre scelte, o di quelle che abbiamo lasciato fare a chi ci ha preceduto, e alle quali non ci siamo mai ribellati. Ho sentito giovani pari a te, dire  che il lavapiatti in città, al Nord, è più dignitoso che al paese, al Sud. E perché?  Perché nella città si fa il culo, lavora sodo sennò gli sputano in un occhio,  e non saprebbe come pagarsi casa, come resistere agli urti di circostanza. Quaggiù invece un piatto sì e cento no, e vive in vacanza sempre, e sta nella casa fatta da papà con l’orto pure. E no, no santo Dio! Pretendi che il sistema cambi. Cambialo, tu. Impegnati. Indignati. Difendi la tua dignità. Pretendi un’opportunità. Parla la tua lingua. Racconta chi sei.  Chi sei stato.  E senza vergogna anche chi non vorresti mai essere. A chi con fierezza non appartieni. Non costruirti la mappa di un’identità che non ti appartiene.  Non errare. Scegli piuttosto il sistema in cui vuoi continuare a crescere. Quello in cui puoi restare senza nessun beneficio al dubbio che dirotta verso l’erranza. Tu sei uno e sei tanti. Il rischio è che il tuo viaggio diventi epocale, e che la specie dalla quale provieni si estingua. E a me non piace. Fermati ancora un po’. Chiamala disgraziata, offendila la tua terra, ma provate a guarire insieme. TANTO DUVI VAI VAI U MARI È ACQUA. E se altri la oltraggiano falle da scuso. Fa che nessuno mai le possa torcere un capello. Schierati. E ora che tu lo faccia. Con consapevolezza. E se proprio devo dirtelo, con orgoglio. Dì a tutti: MIA MADRE NON SI TOCCA.

Io lo so che il viaggio, per cui tanto sospiri, non è colpa tua. Ti hanno insegnato che solo partendo ti riscatterai. E tu ci hai creduto.  Ecco tutto. E adesso il viaggio ti serve come il pane. E allora, se proprio hai fame di vedere com’è fatto il mondo, figlio mio, io ti dico: VA. Va dove hai voglia di andare. Impara, apprendi, cogli il meglio che puoi, ma poi, se puoi torna. Metti in pratica ciò che hai imparato. Il coraggio per primo. Solo così da morto che sei dentro, fidati, riprenderai a vivere.

Intanto, sappi che io resto qui. Ad aspettarti. Anche quando un giorno deciderai di ritornare solo con il cuore.

Una ragazza(madre) del Sud che è rimasta  perché ha radici più forti delle ali.

GSC

 

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LABORATORIO DI LETTURA E DISEGNO CON GIUSY STAROPOLI CALAFATI E I SUOI GIGANTI

Mata e Grifone sono arrivati!
La storia dei Giganti è raccontata da Giusy Staropoli Calafati e pubblicata da Laruffa Editore, in una bella edizione per grandi e piccini.
Presentazioni, incontri, laboratori di lettura rivolti a scuole, associazioni, oratori, centri di aggregazione, biblioteche…
Un viaggio nelle fantasticherie della lettura e dei giganti per tutti i bambini.

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I GIGANTI. La favola di Giusy Staropoli Calafati. In libreria dal 12 febbraio 2018

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Titolo: I GIGANTI
Editore: Laruffa
Uscita: 12 febbraio
Genere: favola
Introduzione: Santo Gioffrè
Copertina: fighissima
Una favola che son certa vi farà tornare bambini, e i bambini li farà divertire con il pazzo gioco di Rorò, che oggi dice sì e domani no.
Un lavoro che è costato fatica. Una fatica che però mi piace, e che voglio condividere con tutti voi. Un libro che dedico a uno dei più grandi gigantari della storia. E che anche voi scoprirete leggendo.
Ma ditemi, avete mai sentito parlare di #giganti e #gigantesse? E di tamburi e rullanti? E di maestosi #gigantari?
Io con i giganti mi sono cresciuta, ma non vi svelo altro.
Il grande Santo Gioffré vi introdurrà nella storia che a illustrare ci ha pensato una bravissima Annalisa Spadaro.
Un’abbuffata di divertente figliolanza.

P.S. è già possibile prenotare presentazioni per questo libro contattando direttamente l’autrice, o la casa editrice Laruffa editore.

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Picciridda – la Sicilia di Catena Fiorello

Ho finito di leggere, qualche giorno prima Natale, un grande libro. Parlo di Picciridda, Giunti editore, di Catena Fiorello.gg

Adesso però, ammetto di essere molto dispiaciuta. Non pensavo finisse così. Così presto intendo. Avrei voluto stare ancora lì e sentire Lucia raccontare di Maria Amoroso. Starmene assopita in quella terra di Sicilia dove tutto sembra cotto dalla calura ossessa che trasuda dalla terra che sale in alto come pirìa di forno,  fin dentro i pittindiani con la pala spinosa e i frutti dolci, che mentre leggevo, sentivo vivacchiare in quelle pagine autentiche, di vita. Nell’intimo rapporto tra Lucia e sua nonna. Come lo erano le “novene”. che la nonna faceva alla bambina. Vivendo così una terra posta all’insud della cartina geografica ma non del cuore, con la felicità e l’amarezza dei suoi giorni belli e dei finali certe volte tristi, ma necessari.

Una dualità carnale, tra la saggezza della nonna, che è una, e la leggerezza della nipote che è l’altra.

Non conoscevo Catena primo di questo romanzo, che ho incontrato per caso in libreria attratta dalla copertina, ma ancor più dal titolo che aveva in sé una complicità inspiegabile con il mio stesso animo. Quella parte di me che ride, pensa, e ama nel dialetto della propria terra. Con l’intensità della tenerezza che questo linguaggio, intimamente offre.

– È un bel libro – mi dice la libraia. Comunque avevo già deciso di comprarlo. E ho fatto, come si dice in gergo un ottimo acquisto. A me però piace dire: un ottimo incontro. Perché aver conosciuto Lucia e sua nonna è stato importante. Perché aver maledetto il Lercio insieme a loro è stato necessario. Perché l’erranza per il fetusazzo bisogno che al Sud ancora vive e miete partenze, è un destino comune. Perché il Sud è un destino dentro al cuore che ti prende e non lo sai lasciare. Un destino prepotente che rischia si lasciarti senza niente.

Una storia bellissima. Una storia come le tante vissute da mille bambine come Lucia. E dalle tante Maria Amoroso che abitano la Sicilia, ma anche la mia Calabria. Tutto il Sud. Una storia che ti senti addosso come una seconda pelle. Perché la vita di Lucia, per esempio, segue un destino che per certi versi può apparire tipico di certe parti. Invece ha una struttura del tutto ampia,  che può essere di tutte le Lucie, e non, del mondo. Perché Catena Fiorello fa sì che i luoghi diventano stato d’animo. Lo stesso che i lettori provano leggendo un libro così bello e intenso.

Giusy Staropoli Calafati

Una ‘picciridda’ scrittrice calabrese

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La recensione. Il prof. Vincenzo La Valva racconta ‘La Terra del Ritorno’ di Giusy Staropoli Calafati

jjAutori distanti tra loro per cultura e storia hanno utilizzato, con declinazioni e sensibilità differenti, il Tema del “tòpos”, del luogo, della terra, delle radici e del ritorno come motivo ricorrente, facendo sì che da luogo comune (scusate il gioco di parole)  si sublimi in riscatto e rivincita contro  la natura, i prepotenti, l’avverso destino. Alla riconquista delle radici perdute, percepite come sottratte, ma mai strappate. Ali per volare e radici e motivi per tornare. Sentimento salvifico che è il più potente strumento per superare la miserevole condizione umana ed il senso di smarrimento che  attanaglia e blocca gli uomini di ogni tempo, purchè in possesso di sensibilità, senso civico, tensione al Bene comune..

Non si può parlare del tema del  “ritorno” in letteratura senza soffermarsi e fissare il pensiero sul capolavoro Omerico, l’Odissea, che appartiene al ciclo dei Nòstoi, i poemi del rientro degli  eroi in patria dopo la distruzione di Troia. La riconquista di ciò che appartiene dopo un periodo di erranza, durante il quale non c’è un sentiero tracciato, ma nel corso del quale “ il sentiero si fa camminando”. Viaggio intriso di Segni, che trova infine Valore nel riappropriarsi di ciò che è sempre stato proprio, non solo in termini materiali ma soprattutto Spirituali ed affettivi.

per spaziare nel teatro classico greco, alle opere di Eschilo e Sofocle, alla Storia dei Persiani, a Catullo….

“Vi è felicità più grande che scordare gli affanni, / quando, stremati da viaggi in terra straniera, / la mente si libera del proprio peso e a casa / si torna per riposare nel letto sospirato? / Di tutte le fatiche questo è l’unico premio. /” nel LiberCatulliano. Nelle stesse tragedie di Seneca si ricorre più volte alla situazione drammatica del ritorno, come in numerosi autori successivi, fino  a giungere attraverso Medioevo e Barocco all’età moderna. Come dimenticare Foscolo, con il sonetto Nè più mai toccherò le sacre sponde, dove emerge in tutta la sua drammaticità  il dolore del non ritorno ad Itaca-Zante, , l’Addio ai Monti dei Promessi sposi, che è stato accostato da molti Autori alla cacciata dall’Eden narrata nel  Libro della Genesi, ambedue rappresentati come  una condanna al non –ritorno.  In realtà l’anelito al ricongiungimento salvifico e rappacificatore con il Creatore fa sì che inizi un viaggio teso al “ritorno” .
Come dimenticare i  Malavoglia, il ciclo dei Vinti, il nòstos del giovane ‘Ntoni ad Aci Trezza.

In questo maestoso panorama letterario si inserisce a pieno titolo e con un’Arte narrativa eccelsa la Nostra Giusy Staropoli Calafati.

La terra del ritorno di Giusy Staropoli Calafati, edito da Pellegrini. ci fa percepire odori, sapori, sensazioni, desideri familiari, ci conduce per mano attraverso la più estrema forma del viaggio, un’erranza disperata e dolorosa che trova pace nella sola rivoluzione possibile: Tornare per restare. «A ogni ritorno, l’aria che respiravo si avvertiva saporita come il sambuco con il quale mia madre guarniva le pitte filate, che ogni domenica mattina alla buon’ora, infornava con le sue mani sperte, assieme al pane, assiso dentro al forno come alla destra del Padreterno.» L’odore della mentuccia, del rosmarino e del basilico, gli ulivi e i fichi melanzana, La terra come entità reale, che pulsa e vive, che assume connotazioni umane, ci chiama, implora, grida, “non posso rimanere da sola , rientra, ti prego, non cercare altrove ciò che qui hai già e che uguale giammai troverai, qui troverai ristoro e felicità. “ Questa implorazione giunge al cuore del nostro protagonista Turi Nassi, degli altri nostri eroi,  ridona forza e vigore, purifica e vivifica e si ricomincia a lottare per dare realizzazione ai propri sogni, per riappropriarsi della propria identità. Il rientro temporaneo, come ogni estate, quasi un rito, al  paese natìo, Pietra grande, col pensiero rivolto alla professione medica e al luogo di lavoro, Torino, il risdchio di vedersi espropriata la terra del Padre Peppi, l’Amore improvviso per Tascia, compagna di scuola sbocciata Donna, forte come una quercia e ispiratrice e Musa. Quando, per rispondere ad un sopruso  ed alla prepotenza, comincia a pensare di rimanere, lottare, coinvolgere, vincere, ecco il bivio: una opportunità prestigiosa di lavoro ( le ALI )  o la Terra natìa (le RADICI) .  E qui, deus ex machina, appare Lui, Saverio Strati, l’incontro e la folgorazione.  «…io sono andato via da qui, quando ero giovane come voi. – dice Strati – Abbastanza giovane, incosciente e sognatore. Con sogni dentro la valigia e niente panni, e ora torno con panni e neanche un sogno. La distanza dalla mia casa, mi ha torturato giorno dopo giorno, e quando torno, non essere riconosciuto, significa morire. E può secondo te un uomo morire più volte? Certo che può. Io muoio ogni volta che torno. Guardami Tascia, io sono morto. Morto dentro. Ma pur sempre morto. »«Da ragazzo, – dice ancora Strati – mi sarei fatto crocifiggere nella terra, ma poi ho compreso che il mio dovere nei suoi confronti era raccontarla da lontano come se ci fossi dentro, lasciando ad altri, per iscritto, il vero volto del Sud. Quello reale. Le istruzioni per distruggere l’ignoranza conquistando la propria terra. Questo dovete fare, Tascia! Battetevi per la terra con l’intelligenza, la conoscenza, la cultura. Imparate a leggere e scrivere e insegnatelo agli altri. Mandate a scuola i vostri figli e pretendete che conoscano la propria terra. La studino in ogni parte in considerazione dei nuovi sviluppi che la avvaloreranno. Quanto al carbone, non lasciatevi trascinare in certe idee balorde. Lassù ci hanno sempre considerato peggio dei porci, morti di fame. Senza il Sud, ricordatevelo ragazzi, nessuna Italia è fatta.»

Queste parole risuonano, dopo la morte di Strati,  nelle orecchie di Turi e Tascia, uno a Torino, l’altra a Pietra Grande, ma ancor di più avvolgono il loro Cuore e illuminano le menti. E quando Turi sembra cedere allo sconforto e vanificare il suo viaggio circolare, ecco Tuscia che lo accompagna, lo indirizza, lo stringe a se per la giusta scelta. Tuscia rappresenta la grandezza delle DONNE meridionali, meraviglioso emblema di roccia fedele e bussola ispiratrice , stavolta elemento salvifico, altre volte, purtroppo, presenza dominante e distruttrice, come le donne di mafia di cui tanti studiosi, a vari livelli, si sono occupati sotto varie prospettive familiari, sociali, politiche se volete….

La conclusione cui entrambi arrivano, Turi e Tascia,  è che bisogna cercare nella terra del Sud, un nuovo futuro: «Per dare al Sud un futuro migliore. Perché nessuno può costruire per il futuro degli altri nuovi binari da percorrere e aprire anche solo una strada diversa, che possa essere quella che non abbiamo scelto. È sul passato dei padri che sono costruiti i futuri dei figli. La terra è nostra, e noi apparteniamo alla terra. Sulla storia della terra sono forgiate le migliori generazioni. E non v’è cosa più bella. Terra più abbondante della nostra. La vera rivoluzione, per chi c’è ancora, è restare. Per chi è partito invece, tornare. Assaporare la più estrema forma di viaggio.»

Un paese agonizzante riprende  a respirare, a vivere, con nuove prospettive e mentalità rinnovate.

La vita non è fatta per guardare indietro la strada percorsa, ma per sognare quella ancora da fare. Guardati dentro durante il viaggio e scoprirai di non essere cambiato mai. Perchè, ci dice l’autrice, il tempo non invecchia l’Anima di chì sogna, spera e vive. E leggere nelle scuole questo libro, analizzarlo e discuterne è opera meritoria di Giusy Staropoli Calafati, affinchè si squarci il velo di rassegnazione e la percezione di essere nati già vinti, sconfitti, per far si che si sublimi l’orgoglio delle nostre tradizioni e si operi, INSIEME, per cambiare le cose. E’ un processo lento, difficile, irto di difficoltà, macigni quali la prepotenza, il pregiudizio, la rassegnazione, il gattopardesco Tutto cambia perché nulla cambi. Ma NOI non accettiamo passivamente questa deriva, lo dobbiamo a noi stessi, ma soprattutto ai nostri Figli e nipoti, ai nostri successori. Il patrimonio che dobbiamo tramandare non è ignavia, rassegnazione. Polvere, ma fili di Magia, orgoglio, sacrificio fattivo, cooperazione, ri-nascita, Vittoria. E’ un processo lento, irto di difficoltà, di cadute, di abbandoni, di ripresa, di lotta….

Grazie Giusy, perché Lei, con i suoi capolavori, il suo messaggio,  il suo quotidiano impegno ci pungola e ci sprona, rappresenta e identifica le nostre coscienze che non devono mai distrarsi, mai assopirsi, mai assuefarsi a stereotipi e luoghi comuni. In particolare, la terra del ritorno è una lama dorata e taumaturgica che va dritta al cuore,uno stimolo alle nostre coscienze, un imperioso invito alla riconquista di ciò che ci appartiene e che .inconsciamente, pensiamo non ci spetti, per atavica, storica, immutabile, maledizione e quasi predestinazione. Grazie davvero, Lei è chiamata e quasi “precettata” , per attitudini, meriti, sensibilità,   a ripercorrere le orme dei Grandi della letteratura e rappresenta il Nostro patrimonio ed orgoglio regionale.

Concludo così

  • Perché Odisseo torna ad Itaca Malgrado Calipso gli prometta l’Immortalità se resta con Lei?
  • Perché l’identità vale più dell’immortalità.

Signori, Giusy Staropoli Calafati.

                                                     Vincenzo La Valva

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La terra del ritorno a Bisignano

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Premio narrativa Mick Bagalà a Giusy Staropoli Calafati con ‘La Terra del ritorno’

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“La terra del ritorno”, premio Cultura “Mick Bagalà”, sez. Narrativa, durante la tradizionale serata della “Befana del Ferroviere”, giunta alla 37ma edizione
“La vita non è fatta per guardare indietro la strada percorsa, ma per sognare quella ancora da fare. Guardati dentro durante il viaggio e scoprirai di non essere cambiato mai. Perché, ci dice l’Autrice, il tempo non invecchia l’Anima di chi sogna, spera e vive. E leggere nelle scuole questo libro, analizzarlo e discuterne è opera meritoria di Giusy Staropoli Calafati, affinchè si squarci il velo di rassegnazione e la percezione di essere nati già vinti, sconfitti, per far si che si sublimi l’orgoglio delle nostre tradizioni e si operi, INSIEME, per cambiare le cose. E’ un processo lento, difficile, irto di difficoltà, macigni quali la prepotenza, il pregiudizio, la rassegnazione, il gattopardesco “Tutto cambia perché nulla cambi”. Ma NOI non accettiamo passivamente questa deriva, lo dobbiamo a noi stessi, ma soprattutto ai nostri Figli e Nipoti, ai nostri successori. Il patrimonio che dobbiamo tramandare non è ignavia, rassegnazione, ma Polvere di Stelle, fili di Magia, orgoglio, sacrificio fattivo, cooperazione, ri-nascita, Vittoria. Grazie Giusy, perché con i Tuoi capolavori, il Tuo messaggio, il Tuo quotidiano impegno ci pungoli e ci sproni, rappresenti e identifichi le nostre coscienze che non devono mai distrarsi, mai assopirsi, mai assuefarsi a stereotipi e luoghi comuni. In particolare, la “terra del ritorno” è una lama dorata e taumaturgica che va dritta al cuore, uno stimolo alla nostre coscienze, un imperioso invito alla riconquista di ciò che ci appartiene e che inconsciamente pensiamo non ci spetti, per atavica, storica, immutabile maledizione . Grazie davvero, sei predestinata a ripercorrere le orme dei Grandi della letteratura e rappresenti un nostro sicuro patrimonio e un prezioso orgoglio regionale.
Concludo così : Perché Odisseo torna ad Itaca malgrado Calipso gli prometta l’Immortalità se resta con Lei?
-Perché l’Identità vale più dell’immortalità. “(V.L.V.)

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DOMENICO LUCANO: una fiction girata a Riace dal vivo tutti i giorni

crisis-de-inmigrantes-en-europa-2181658w620L’nfamia è la peggiore delle condanne. Quella seria non quella sacrilega dell’onore, intendo. E la Calabria ne è vittima esistenziale dai tempi delle calende greche. E quel che più rode è che il peggiore nemico del calabrese è il calabrese stesso.
Ovvio che l’Italia quando trova moju scava fundu. E così quel che di buono c’è ce lo condannano. Non è che lo accusano e basta. Lo condannano, cazzolina!
Ma senza prove, mi domanda un ragazzino, come si fa a capire che uno è colpevole oppure no?
Chi ha colpa sono i valori, la dignità, la moralità. E allora giù con i bastoni. Queste cose qui danno noia. Portano le genti alla rivoluzione e destabilizzano il potere. E allora vanno distrutte. mandate a farsi fottere, nella sostanza dei fatti.
Domenico Lucano, un metro e mezzo di Calabria circa, è  personaggio di seconda battuta, che diventa però, e  inconsapevolmente, protagonista di una favola che a Riace, e badate bene, non ha scritto lui per primo, ma è stato Ararat. Un vascello carico di uomini con il nome della speranza. Lucano si è solo soffermato. Quello che oggi i suoi antagonisti, che non sappiamo bene chi siano, non riescono a fare. Manco fossero scecchi!
Certo che schierarsi coi tempi che corrano è pericoloso. Mia nonna però mi diceva che schierarsi invece è un atto di coraggio. E io l’ho fatto qualche volta. E oggi mi ripeto. Mi schiero con Domenico Lucano. Come donna, come calabrese, come scrittrice, mi sento di doverlo fare. Se poi avrò sbagliato, che Dio mi perdoni, ma ho solo seguito la mia coscienza. O meglio ancora l’istinto che nannima, buon’anima sempre lei, mi diceva ca esti fimmana.

Oggi alcune testate giornalistiche sul web titolano all’incirca così:

«È indagato»: Rai cancella la fiction sul sindaco di Riace con Beppe Fiorello.

Una bella minchiata. Infatti il produttore smentisce. Ma se la fuga di notizia c’è stata, gatta ci cova.  Chi ha in mano  la paglia per il fuoco? Tanto a Lucano resta comunque una fiction girata a Riace, dal vivo, tutti i giorni.
#iostocondomenicolucano, e se a febbraio non uscirà la fiction, pubblicherò il mio romanzo: Mimì il curdo. Lo avrei fatto comunque più avanti, ma ci sono priorità nelle vita!
“- È indagato. E se la Legge gli è arrivata addosso è perché sotto c’è qualcosa. Una puzza. Un feto.
Che cosa credeva di fare? L’eroe, forse? Un metro e mezzo d’uomo, paladino delle sciarre nere. Manco fosse il Messia. E a Riace, poi! Ma che è, Riace? Una cosa che si mangia è? Ah sì, ho capito! È la capa del cazzo.
– Ma smettila. Sulla dignità e la coscienza degli uomini io non ci scherzo. Tortora per una cosa così, ci è morto. Ché non lo sai?!
– Adesso ci pensa la Legge. Se ha mangiato franco, caca.
Sta facendo troppo casino questa testa di minchia di Lucano. E a cosa non è para. Para pé nenti.
– Perché la Legge, non sbaglia mai? E se invece è innocente?
– Peppi, fidati. Si nci calau la Leggi di ncoju, a paga.
– Eppure non capisco…
– Chi nc’è di capisciri, Peppi? Ti rendi conto quanti soldi sono arrivati a Riace in questi anni? Se l’avissi avuti io mi l’avvarria pigghjati tutti. Sugnu onestu.
– Lascia perdere Nico. Mimì non esti comu a tia. Con Lucano ci siamo cresciuti. Non ne sarria capaci di certe infamie.
– Hai ragione, Peppi. Ma Lucano, troppo rumore ha fatto! Mi dispiace nu pocu, sai… Lo so che non è nu malu cristianu. Ma oramai se lo sono giocato, capisci?
– Staremo a vedere, Nico. L’Italia in fondo è un paese strano. Curioso. T’accusano che sei innocente e ti scarcerano colpevole.
– E Lucano chi esti, Peppi?
– Esti patri, Nico. Esti patri.”
giusy staropoli calafati
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DOMENICO LUCANO: LA MORALE DELLA FAVOLA DI RIACE

domenico-lucanoUn’indagine non è un’accusa.
#iostoconilcurdo
La nave batteva bandiera curda. Portava un nome strano: ararat: speranza.[…]
[…] – Sono sbarcati in centinaia. Boccheggiavano come pesci.[…] – Cosa credevi, Lucano? – gli dissero. – I voti quaggiù non si prendono certo parlando di immigrazione. La pelle nera va scorciata altrove.[…]
A Riace venivano riaperte case e balconi. Annaffiati e festeggiati i gerani.[…]
[…]– Ma Lucano è legale quello che stai facendo? – gli chiesero.
– È un problema che non mi sono ancora posto.[…]
[…]In Calabria secondo certe pregiudiziali, v’erano tante teste di minchia. Alcune erano quelle che per quattro soldi si vendevano l’onore; certe altre invece quelle che propagandavano il Mediterraneo, il mare dei pesci neri, diventati grossi a carne di migranti. Ma per certo Mimì Lucano era il più grande testa di minchia di tutti. Restituiva dignità ai migranti dandogli degli uomini, e ridava vita al suo paese.[…]
[…]– Questa è solo utopia Lucano. La politica non ha tempo di investire nei sogni.
– Allora sarà l’utopia della normalità.[…]
[…] – Vogliamo ringraziarti per quello che hai fatto per noi – gli disse una mattina Zaccaria.
– Non ho fatto nulla di importante. I fratelli si aiutano, Zaccaria. E io semplicemente l’ho fatto.
– Grazie, Lucano, grazie.[…]
[…] Vennero allestiti laboratori di tessitura, producendo il filo della ginestra. E poi quelli di ceramica, vetro, ricamo…
Abeba veniva dall’Etiopia: – Sono a Riace dal 2008. Traduco dall’arabo, tigrino, amarico per la gente che viene qua e che non parla l’italiano. Mi trovo bene.
Helem dall’Eritrea. Lavorava in un laboratorio di ricamo. Era incinta di otto mesi quando era arrivata. Con i soldi guadagnati a Riace, cresceva bene sua figlia.
Issa invece aveva trovato lavoro nel laboratorio di ceramica.
– Sono arrivato dalla Turchia con la nave. Prima ho lavorato al telaio, poi ho fatto le marmellate d’arancia e ho raccolto le olive.
– Hai nostalgia dell’Afghanistan? – gli chiede avvicinandolo Mimì.
– Sì, tanta. Laggiù c’è la mia famiglia.
– Vorresti tornarci?
– Se non ci fosse la guerra! – sospira Issa con le lacrime agli occhi.[…]
[…]La scuola a Riace riapriva dopo circa un decennio di inattività e venivano assunti docenti. I nuovi riacesi aprivano negozi. Servivano macellai, fornai… C’era lavoro per tutti.
Anche Melo, oramai in pensione, riprendeva la sua attività facendo scarpe di pelle per gli ospiti.
– Vengono e mi chiedono di riparargli le scarpe vecchie – diceva. – Lo faccio con piacere e non mi pago. Non hanno soldi loro, poveri cristi. E li aiuto così, come posso.[…]
[…]Ramudullah era solo. Non aveva una famiglia. Niente padre e niente madre. I talebani erano entrati sulla sua casa e l’avevano distrutta. Avevano ucciso. Lui l’avevano ferito. Con una bomba l’avevano colpito all’addome.[…]
[…]– Assomigli al mio papà, gli disse un giorno Ramudullah nella sua lingua.
– Tu somigli forte a un figlio, Ramudullah – rispose Mimì stringendoselo al petto.[…]
[…]– Grazie, sindaco – gli disse Biase. – Nessuno mai mi aveva dato un ruolo in questo paese. Non finirò mai di ringraziarla – sentendosi finalmente qualcuno. Protagonista.
– Non ringraziarmi, Biase. Fa un buon lavoro e fa vedere chi sei.
– E chi sono io?!, Biase sono![…]
[…]– Come ti senti, Lucano, adesso che una rivista come Fortune ti da dato visibilità nel mondo?
Mimì sorrise. Fece spallette, poi rispose: – Non è che adesso perché una rivista americana mi ha inserito tra i sessanta uomini più influenti al mondo posso dire di volere chissà cosa. No!, non avrei coerenza con quelle che sono le mie sensibilità. A me non interessa né l’economia, né il potere. Neppure avere ruoli importanti mi interessa. Già mi piace quello che sto facendo.[…]
[…]Riace, non restava altro che un coccio di mondo. Freddo d’inverno e mite d’estate. Un paesetto dell’entroterra, dove non tutti arrivavano e dove in molti invece cercavano di restare. Un coccio antico sopra il mare. Figliato con parto dolente, dalla montagna.
Un groviglio di voci. Mugolii di gatti sparsi, abbai di cani e poi odore selvaggio di lupi.[…]
#Hastasiempre
TRATTO DAL MIO ROMANZO INEDITO: Mimì il curdo
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Successi e consensi per #LATERRADELRITORNO di Giusy Staropoli Calafati

 

cc#LATERRADELRITORNO di Giusy Staropoli Calafati miete successi e consensi.  Un’estate tra la gente, nei paesi, nelle piazze, tra i salotti letterari d’Italia a raccontare la storia di Turi Nassi. Dall’Aspromonte al Pollino, a narrare di Tascia e e del professore Saverio. Di Peppino e Rosetta Nassi. Erranza e restanza…. Emozioni. Il scillaRacconto di gente che torna per restare. Una storia d’amore che fa da sfondo al romanzo letto da lettori di ogni età. Giovanissimi, giovani e meno giovani. Una condivisione di essenze, di fame. La condivisione della bellezza del pane sulla cui faccia Peppino e Turi poseranno ripetutamente la loro mano.

Sentimenti che riportano nei luoghi del cuore chiunque ha una terra da amare. Un paese da cui si è partiti e si sogna di ritornare. Una terra che aspetta. Aspetta i ritorni.mgg

E i nostri ragazzi che cosa sono disposti o “costretti” a fare? Quali opportunità gli diamo? Che tipo di futuro promettiamo? Glielo abbiamo lasciato in questa terra un minimo di futuro?
I giovani calabresi, meridionali, hanno l’occasione della scelta?
Andare o restare? Erranza o restanza?
Turi Nassi decide di non dare le sue braccia alla terra. Va ma poi torna. Torna e con una nuova mentalità. E il paese da morto che è riprende a vivere. b

Cos’è La Terra del Ritorno? È solo una storia scritta in un libro? È una terra inventata? … Assolutamente no. Esiste allo stesso modo di come noi esistiamo sulla terra.
È quella in cui siamo nati, è la Calabria, Il Sud, il mondo. La terra in cui si fa l’amore allo stesso modo di come si fal pane. E si fa l’amore con la donna e con la terra allo stesso modo.
Una terra reale che ha bisogno di uomini, giovani che tornano e per restare. Di gente che resta.

Un libro che invita i giovani a rimettersi in discussione. Che rimarca e riscopre il  senso dell’appartenenza. Rende chiari l’identità i luoghi e quanto questi ci appartengono. Un ritorno dunque al senso della responsabilità verso la terra natia e il pane della crescenza, non come luoghi ma stati d’animo.

bb

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Cose di Paese. (Briatico, un giorno di settembre)

piazzaPaese. Briatico. 18/09/2017
Lunedì. Sveglia di buon’ora. Si ricomincia.
L’aria ancora croccante di fine estate sembra attendere le uscite di tutti. Chi va a lavoro, chi a scuola. La vicina annaffia le ultime foglioline del basilico, mentre a farfugliare sulla sua testa almeno una dozzina di vecchi bigodini raccolti in una retina rosa.
Maria è di già sulla strada per il cimitero con un fascio di garofani per il suo Giacomino, e il paniere pieno di provviste. Dopo andrà in campagna.
Borse, zaini. Macchine in moto. Si va.
Chi si addentra in paese e chi ci esce. Io mi addentro per portare a scuola i figli. Alcuni bambini escono dal negozio di generi alimentari di Giovanni. Tra le mani panini con mortadella, salame…
In via Gabriele D’Annunzio all’altezza del consorzio un piccolo ingorgo. Mi accosto per far passare l’automobile in sosta davanti a me, mentre dall’altra corsia vedo mettersi in moto la macchina di Pasqalino il falegname. Con lui il fratello, uno degli ultimi emigrati ancora rimasti al paese. È lui. È Leone.
Ricordo immediatamente la data di oggi. Il 18 settembre parto per la Merica, mi aveva detto quando era venuto in giugno.
Non posso crederci. Gli vedo negli occhi tutta Briatico: la torre, il mare. Il bar di Giuditta, il covo, la piazza, i tramonti.
– Allora si parte?
E lui: – yes.
Avrei voluto dirgli: torna presto. Non ce l’ho fatta. Una macchina dietro già suonava.
Appena in tempo per un veloce: buon viaggio.
E procediamo entrambi: lui verso il #ritorno oltreoceano, io verso il paese.
Mio figlio mi chiede: ma’, dove va?
E io: parte?
-E dove va?
– Alla Merica.
– Ma torna?
– Certo che torna. Questo è il suo paese.
– Sarà triste il tuo amico. Non è vero, ma’?
– Credo proprio di sì. Ma lui Briatico lo ha nel cuore.
– E pure negli occhi. Non hai visto com’erano innamorati? – dice mio figlio.
– Li ho visti, li ho visti – rispondo.
Arriviamo a scuola. Lì davanti mamme e bambini. Papà, maestre, i vigili urbani. Voci concitate, zaini…
È bella la scuola. È tutto in un paese. Lo adorna. Lo guarnisce come il “cucco” nelle pitte filate. È saporita, sperta. E senza, niente ha senso.
Lascio i miei figli in quel vivaio meraviglioso di ragazzi e mi rimetto in marcia.
Il paese oramai è tutto sveglio. Molte donne escono dalla chiesa. Pure la messa del mattino è terminata, grazie al Signore!
Mio padre è già al negozio. Mantiene questa attività dal ’73. Oggi è il suo compleanno. Eppure non si risparmia. Nessuno lo fa dalle nostre parti. Qualcheduno esce dal giornalaio con il quotidiano in mano. Qualche altro scambia due chiacchiere “o puntuni” . È la procedura paesana.Tutto normale.
La signora Anna, rimasta sola, ha la finestra aperta. Chissà da che ora è sveglia.
Paola che ha il pondo della famiglia, marito e figli, sale per andare a prendere il pane. Io guardo l’orologio e mi mordo le labbra. Se non corro a lavoro so’ cazzi.
Pigio l’acceleratore. Leonardo è davanti il suo studio. Annina va a casa del figlio, s’è lasciato con la moglie tempo addietro e adesso ci pensa lei. Una mamma è per la vita.
Il mare mi rimane sulla sinistra. Sbrilluccica. Supero il calvario. Sono già all’uscita del paese.
Il paese più bello del mondo.
#vitadipaese

 Giusy Staropoli Calafati

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BACIAMOCI LE MANI!

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Baciamoci le mani tutti. Un Flash Mob. Tutti quanti. Poi però chiediamoci scusa. Per il bacio, per esserci presi le nostre mani le une nelle altre, ed essere dello stesso paese. Appartenere alla stessa regione ed essere protagonisti della medesima storia. Perché il nostro baciamano sarà oggetto di cronaca e non di risveglio. Verremo giudicati per il gesto devoto e non per la fede che abbiamo.

Tanto quaggiù siamo tutti uguali. Uguali tra noi e diversi dal mondo. Quello che giudica, impreca, bestemmia e critica. Quello che non ci conosce e predica come fosse Cristo. Mentre i Cristi siamo noi, quelli che stanno al Sud. E San Luca lo pregano davvero. Inginocchiati, da padri e madri. Da figli, disoccupati, pastori e giornataie. Partorienti e scolari. Maestri e contadini. Coloni e ‘gnuri.
Certe volte senza casa e senza palazzi. Senza giustizia. Senza difensori.
E per cosa?
Per il pane, la salute, la pace, il lavoro, la terra. Quella onesta che produce frutto.
Il baciamano del boss a San Luca fa il giro del mondo. La notizia invece che a San Luca è stato arrestato un boss, a  San Luca resta. E nessuno ci piscia sopra, tutti fuori dal vaso.
E poi nelle altre parti d’Italia, si scannano per voti, leggi, emendamenti, soldi, vitalizi, appalti. Addirittura, ci si batte per il capo dei capi. Per dare a chi ha ammazzato cristiani e non cani, a dozzine, una dignità alla sua morte. E alla nostra di dignità, chi ci pensa? Certamente Antonio, l’uomo del baciamano intendo, ha agito senza pensare alla potenza del suo gesto. Con la libertà che è solita dell’agorà del paese. Poi però  quando s’è accorto d’aver con le sue mani, portato la sua gente e il suo paese, sopra il ciuccio bianco del mondo, ha chiesto scusa. Con tutta la sua dignitosa fragilità.
Ma che volete di più?
Amplificare certe cose fa più male che farle.
Ho sempre condannato e comunque non condiviso gli inchini dei santi agli uomini, o i baciamano tra gli uomini. Gesti miseri.
E non mi piace quando li vedo fare a un prete, o anche un vescovo. Gesù non voleva essere baciato, ma baciava. Non voleva essere riverito, ma riveriva. Gesù non voleva gloria, ma ne dava. Non si imbardava, ma girava nudo. Non aveva cuciture, ma era tutto d’un pezzo. Non trovava porta aperte, ma se le faceva aprire. Era Gesù appunto.
Allora facciamo che oggi la Calabria, si chiama tutta  San Luca e i calabresi tutti sanluchesi o sanlucoti, come più vi aggrada, senza cresima. Pensate ci amerebbe lo stesso, Dio? Quanto tempo perderebbe per giudicarci, lui?
Ci amerebbe e non perderebbe tempo, ve lo dico io. Perché se qualcheduno tra gli uomini è tinto davvero, ve ne sono altri sani e degni, Santo Dio! E nei paesi come i nostri dove nove su dieci si è parenti, e tutti, anzi tuttissimi amici, compagni, vicini, compari, se vogliamo, chi cazzo è che non si parla? Chi non si conosce? I nostri piccoli paesi, ai piedi delle montagne sono fossili, in riva al mare, conchiglie. E ti ci ritrovi nell’uno e e nell’altro. E non perché si vuole reggere un sistema, come chi non conosce afferma, ma dov’è che devi andare a farti una vita, se la tua vita è lì. E non è omertà. Ma appartenenza ai luoghi da cui si pende e si dipende. I luoghi dove si è nati, e gli amici con cui ci si è cresciuti. Null’altro. Garantito!
Mi sento di San Luca anch’io. E se avessero vietato la cresima a me, mi sei sentita più povera. L’avrei presa come una condanna di vita, è vero. Perché in vista del clamore è stato revocato il sacramento, così come in vista del clamore è stato ucciso il Cristo.
Bisogna solo decidere da che parte stare.  Se aiutare la terra e la sua gente a rinascere(e le forze dell’ordine, del cui arresto non vi siete accorti, lo hanno fatto), o destinarla a morire.
Un sanlucoto lo disse: il calabrese va parlato. Io aggiungo: Né giudicato, né punito. Lui era Corrado Alvaro.
P.S. ai giornalisti del TGR Calabria grazie per parlare a San Luca!
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LA TERRA DEL RITORNO al Caffè Letterario Mario La Cava

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Mileto come Cristo è tra gli ulivi/ Ciao FRANCE’!

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A un soffio d’alito da sua madre, nella terra piana, in mezzo agli ulivi, Francesco ha finito la vita. Il tempo di una clessidra. Non era stata tanta. Perché 16 non è tanto come numero. Non è niente.
L’hanno ammazzato, Francesco. Come un cane, soppresso. Ma Francesco non era un cane. Era un ragazzo. Un figlio. Era il turbine della speranza. E poi ancora, era gli ulivi. Il profumo, l’essenza. Eppure nessuna di quelle piante, lo ha salvato. Avrebbero potuto con i loro fusti giganti e antichi, mettersi davanti a lui, parargli i colpi, eppure non lo hanno fatto. Ed è caduto in mezzo a loro, forse con la faccia al cielo, o forse alla terra. Forse con lo stesso grido di sua madre quando lo ha partorito. Perché si grida allo stesso modo per la vita e per la morte.
Non lo conoscevo Francesco. Anzi oggi vi dico: ho conosciuto Francesco. Ha 16 anni, è di Mileto. Ed è bello sapete! Penso di restargli amica. Mi piace Francesco. Ha coraggio. È forte. È la vita.
Mentre guardo Francesco in una foto, mi chiedo: Ma che cazzo sono gli ulivi in una terra come la nostra? A che valgono? A che servono?
Gli ulivi sono sepolcri. Sepolcri imbiancati di cui nessuno dice. E in mezzo a loro, tra di loro, è stato ammazzato Francesco. E come loro ora resterà secolare il dolore di sua madre. Il lutto di suo padre. Il vuoto lacerante del paese.
– Francé, a tua madre, ti prego, diglielo tu. Regalale un sogno stanotte. Dille che ci sei ancora. E fatti abbracciare un’altra volta. E poi non te ne andare. Restale accanto. Aiutala a piangere e cogli le sue lacrime e offrile con te al nostro Dio. Tanto so che lo stai già facendo. Ti vedo.
Al centro della terra di mamma Natuzza,c’è lei . Al centro del cielo di Dio, ci sei tu.
Nel cuore di molti c’è tristezza e sdegno. Nel cuore di tanti però c’è preghiera. Per te e per il mondo.
Ciao Francè!

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31 Maggio LA TERRA DEL RITORNO a Catanzaro

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