La recensione. Il prof. Vincenzo La Valva racconta ‘La Terra del Ritorno’ di Giusy Staropoli Calafati

jjAutori distanti tra loro per cultura e storia hanno utilizzato, con declinazioni e sensibilità differenti, il Tema del “tòpos”, del luogo, della terra, delle radici e del ritorno come motivo ricorrente, facendo sì che da luogo comune (scusate il gioco di parole)  si sublimi in riscatto e rivincita contro  la natura, i prepotenti, l’avverso destino. Alla riconquista delle radici perdute, percepite come sottratte, ma mai strappate. Ali per volare e radici e motivi per tornare. Sentimento salvifico che è il più potente strumento per superare la miserevole condizione umana ed il senso di smarrimento che  attanaglia e blocca gli uomini di ogni tempo, purchè in possesso di sensibilità, senso civico, tensione al Bene comune..

Non si può parlare del tema del  “ritorno” in letteratura senza soffermarsi e fissare il pensiero sul capolavoro Omerico, l’Odissea, che appartiene al ciclo dei Nòstoi, i poemi del rientro degli  eroi in patria dopo la distruzione di Troia. La riconquista di ciò che appartiene dopo un periodo di erranza, durante il quale non c’è un sentiero tracciato, ma nel corso del quale “ il sentiero si fa camminando”. Viaggio intriso di Segni, che trova infine Valore nel riappropriarsi di ciò che è sempre stato proprio, non solo in termini materiali ma soprattutto Spirituali ed affettivi.

per spaziare nel teatro classico greco, alle opere di Eschilo e Sofocle, alla Storia dei Persiani, a Catullo….

“Vi è felicità più grande che scordare gli affanni, / quando, stremati da viaggi in terra straniera, / la mente si libera del proprio peso e a casa / si torna per riposare nel letto sospirato? / Di tutte le fatiche questo è l’unico premio. /” nel LiberCatulliano. Nelle stesse tragedie di Seneca si ricorre più volte alla situazione drammatica del ritorno, come in numerosi autori successivi, fino  a giungere attraverso Medioevo e Barocco all’età moderna. Come dimenticare Foscolo, con il sonetto Nè più mai toccherò le sacre sponde, dove emerge in tutta la sua drammaticità  il dolore del non ritorno ad Itaca-Zante, , l’Addio ai Monti dei Promessi sposi, che è stato accostato da molti Autori alla cacciata dall’Eden narrata nel  Libro della Genesi, ambedue rappresentati come  una condanna al non –ritorno.  In realtà l’anelito al ricongiungimento salvifico e rappacificatore con il Creatore fa sì che inizi un viaggio teso al “ritorno” .
Come dimenticare i  Malavoglia, il ciclo dei Vinti, il nòstos del giovane ‘Ntoni ad Aci Trezza.

In questo maestoso panorama letterario si inserisce a pieno titolo e con un’Arte narrativa eccelsa la Nostra Giusy Staropoli Calafati.

La terra del ritorno di Giusy Staropoli Calafati, edito da Pellegrini. ci fa percepire odori, sapori, sensazioni, desideri familiari, ci conduce per mano attraverso la più estrema forma del viaggio, un’erranza disperata e dolorosa che trova pace nella sola rivoluzione possibile: Tornare per restare. «A ogni ritorno, l’aria che respiravo si avvertiva saporita come il sambuco con il quale mia madre guarniva le pitte filate, che ogni domenica mattina alla buon’ora, infornava con le sue mani sperte, assieme al pane, assiso dentro al forno come alla destra del Padreterno.» L’odore della mentuccia, del rosmarino e del basilico, gli ulivi e i fichi melanzana, La terra come entità reale, che pulsa e vive, che assume connotazioni umane, ci chiama, implora, grida, “non posso rimanere da sola , rientra, ti prego, non cercare altrove ciò che qui hai già e che uguale giammai troverai, qui troverai ristoro e felicità. “ Questa implorazione giunge al cuore del nostro protagonista Turi Nassi, degli altri nostri eroi,  ridona forza e vigore, purifica e vivifica e si ricomincia a lottare per dare realizzazione ai propri sogni, per riappropriarsi della propria identità. Il rientro temporaneo, come ogni estate, quasi un rito, al  paese natìo, Pietra grande, col pensiero rivolto alla professione medica e al luogo di lavoro, Torino, il risdchio di vedersi espropriata la terra del Padre Peppi, l’Amore improvviso per Tascia, compagna di scuola sbocciata Donna, forte come una quercia e ispiratrice e Musa. Quando, per rispondere ad un sopruso  ed alla prepotenza, comincia a pensare di rimanere, lottare, coinvolgere, vincere, ecco il bivio: una opportunità prestigiosa di lavoro ( le ALI )  o la Terra natìa (le RADICI) .  E qui, deus ex machina, appare Lui, Saverio Strati, l’incontro e la folgorazione.  «…io sono andato via da qui, quando ero giovane come voi. – dice Strati – Abbastanza giovane, incosciente e sognatore. Con sogni dentro la valigia e niente panni, e ora torno con panni e neanche un sogno. La distanza dalla mia casa, mi ha torturato giorno dopo giorno, e quando torno, non essere riconosciuto, significa morire. E può secondo te un uomo morire più volte? Certo che può. Io muoio ogni volta che torno. Guardami Tascia, io sono morto. Morto dentro. Ma pur sempre morto. »«Da ragazzo, – dice ancora Strati – mi sarei fatto crocifiggere nella terra, ma poi ho compreso che il mio dovere nei suoi confronti era raccontarla da lontano come se ci fossi dentro, lasciando ad altri, per iscritto, il vero volto del Sud. Quello reale. Le istruzioni per distruggere l’ignoranza conquistando la propria terra. Questo dovete fare, Tascia! Battetevi per la terra con l’intelligenza, la conoscenza, la cultura. Imparate a leggere e scrivere e insegnatelo agli altri. Mandate a scuola i vostri figli e pretendete che conoscano la propria terra. La studino in ogni parte in considerazione dei nuovi sviluppi che la avvaloreranno. Quanto al carbone, non lasciatevi trascinare in certe idee balorde. Lassù ci hanno sempre considerato peggio dei porci, morti di fame. Senza il Sud, ricordatevelo ragazzi, nessuna Italia è fatta.»

Queste parole risuonano, dopo la morte di Strati,  nelle orecchie di Turi e Tascia, uno a Torino, l’altra a Pietra Grande, ma ancor di più avvolgono il loro Cuore e illuminano le menti. E quando Turi sembra cedere allo sconforto e vanificare il suo viaggio circolare, ecco Tuscia che lo accompagna, lo indirizza, lo stringe a se per la giusta scelta. Tuscia rappresenta la grandezza delle DONNE meridionali, meraviglioso emblema di roccia fedele e bussola ispiratrice , stavolta elemento salvifico, altre volte, purtroppo, presenza dominante e distruttrice, come le donne di mafia di cui tanti studiosi, a vari livelli, si sono occupati sotto varie prospettive familiari, sociali, politiche se volete….

La conclusione cui entrambi arrivano, Turi e Tascia,  è che bisogna cercare nella terra del Sud, un nuovo futuro: «Per dare al Sud un futuro migliore. Perché nessuno può costruire per il futuro degli altri nuovi binari da percorrere e aprire anche solo una strada diversa, che possa essere quella che non abbiamo scelto. È sul passato dei padri che sono costruiti i futuri dei figli. La terra è nostra, e noi apparteniamo alla terra. Sulla storia della terra sono forgiate le migliori generazioni. E non v’è cosa più bella. Terra più abbondante della nostra. La vera rivoluzione, per chi c’è ancora, è restare. Per chi è partito invece, tornare. Assaporare la più estrema forma di viaggio.»

Un paese agonizzante riprende  a respirare, a vivere, con nuove prospettive e mentalità rinnovate.

La vita non è fatta per guardare indietro la strada percorsa, ma per sognare quella ancora da fare. Guardati dentro durante il viaggio e scoprirai di non essere cambiato mai. Perchè, ci dice l’autrice, il tempo non invecchia l’Anima di chì sogna, spera e vive. E leggere nelle scuole questo libro, analizzarlo e discuterne è opera meritoria di Giusy Staropoli Calafati, affinchè si squarci il velo di rassegnazione e la percezione di essere nati già vinti, sconfitti, per far si che si sublimi l’orgoglio delle nostre tradizioni e si operi, INSIEME, per cambiare le cose. E’ un processo lento, difficile, irto di difficoltà, macigni quali la prepotenza, il pregiudizio, la rassegnazione, il gattopardesco Tutto cambia perché nulla cambi. Ma NOI non accettiamo passivamente questa deriva, lo dobbiamo a noi stessi, ma soprattutto ai nostri Figli e nipoti, ai nostri successori. Il patrimonio che dobbiamo tramandare non è ignavia, rassegnazione. Polvere, ma fili di Magia, orgoglio, sacrificio fattivo, cooperazione, ri-nascita, Vittoria. E’ un processo lento, irto di difficoltà, di cadute, di abbandoni, di ripresa, di lotta….

Grazie Giusy, perché Lei, con i suoi capolavori, il suo messaggio,  il suo quotidiano impegno ci pungola e ci sprona, rappresenta e identifica le nostre coscienze che non devono mai distrarsi, mai assopirsi, mai assuefarsi a stereotipi e luoghi comuni. In particolare, la terra del ritorno è una lama dorata e taumaturgica che va dritta al cuore,uno stimolo alle nostre coscienze, un imperioso invito alla riconquista di ciò che ci appartiene e che .inconsciamente, pensiamo non ci spetti, per atavica, storica, immutabile, maledizione e quasi predestinazione. Grazie davvero, Lei è chiamata e quasi “precettata” , per attitudini, meriti, sensibilità,   a ripercorrere le orme dei Grandi della letteratura e rappresenta il Nostro patrimonio ed orgoglio regionale.

Concludo così

  • Perché Odisseo torna ad Itaca Malgrado Calipso gli prometta l’Immortalità se resta con Lei?
  • Perché l’identità vale più dell’immortalità.

Signori, Giusy Staropoli Calafati.

                                                     Vincenzo La Valva

La recensione. Il prof. Vincenzo La Valva racconta ‘La Terra del Ritorno’ di Giusy Staropoli Calafatiultima modifica: 2018-01-08T15:19:43+01:00da giusystar99
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