I JORNA I PASCA

eeee

Lu mercuri santu arrivavano tutti i parenti. Si ricongiungevano intere famiglie. Le madri festanti riabbracciavano i figli. E poi fratelli, nipoti, zii. Tutti di ritorno, come fosse la replica di un film tanto atteso. Ci si ritrovava ancora una volta tutti lì, al punto di partenza. Un rito in cui i ritorni non narravano che l’essenzialità della famiglia che ricongiunta consacrava a Dio la sua bellezza e il suo valore.
Si arrivava solitamente entro la mattinata, in una confucio di primavera strabiliante. Il sole in faccia ai più piccoli e poi le rondini sotto i nidi, i primi gerani e le tende delle case semiaperte mosse dal tepore ancora timido della nuova stagione.
Il pomeriggio era tutto per i campanari, le cuzzupe e le pittepie. Il nonno preparava il forno. E poi chi aggiustava le forme e chi il ripieno. Quando calava la rosa al forno, le lande rettangolari precedentemente riempite con i dolci, venivano chiamate una ad una, e da sopra la pala le si faceva scivolare con lentezza dentro la bocca del forno. Lì le si accomodava fin dentro la sua pancia calda e le si lasciava cuocere. Il forno aveva il suo tempo, i dolci la loro cottura.
Il fil rouge che legava l’atto del preparare allo stato d’animo del fare, era il profumo ineguagliabile dei biscotti, che già a metà cottura si alzava in mezzo all’aria, penetrando le narici di grandi e piccini. Un atto di devotio e finanche di implorazione che vedeva raccolto intorno al forno tutto il parentato, affinchè il Padreterno, quelle pie lavorate con la stessa fatica del pane, si adoperasse anch’egli a farle venire fuori con una bella faccia, saporite e cotte.

Lu jovi santu, era della Coena Domini. Si arrivava in chiesa tutti assieme almeno un quarto prima dell’ora della messa. La chiesa si gremiva di gente. Anche Gesù godeva dei ritorni che riempivano non solo le nostre case ma anche la sua. Chi tornava da Milano, chi da Torino, chi dall’Australia e anche dalla ‘Merica. Tutti per quell’ora avevano ormai fatto ritorno. I bambini riempivano i gradini dell’altare. Anzi lo addobbavano, come dicevano le donne. Facevano da corona al pane che, nelle ceste piene, veniva riposto ai piedi della mensa, mentre al di sopra di essa, vi stavano adagiate dodici pitte, a curuja col buco, con dentro una grossa arancia, segno che tutti si radunavano al cenacolo del Signore. Il prete, raggiungeva l’altare portando al suo seguito i dodici apostoli. Anche Giuda era con loro. Ognuno prendeva il suo posto, e le donne che non si lasciavano mai sfuggire nulla, ammirandoli uno ad uno, si sussurravano chiacchiere negli orecchi: “ma quello non è il figlio di? E quell’altro?” Un senso di appartenenza che portava chiunque a riconoscersi.
Solo dopo il rito della lavanda dei piedi, ripetuto di anno in anno con sacralità e devotio, alla fine della messa, benedetti i pani, ai dodici venivano consegnate le sante pitte. Per Giuda il pacco era doppio. A lui, dopo il pane, veniva servito uno schiaffo duro sopra il viso. Che mentre l’eco s’apriva d’intorno, il suo tradimento si serviva di un segno preciso per essere sancito.

Lu vennari santu si attendeva con cuore afflitto la chiamata di Maria. Vestita di nero, con sopra il petto sette spade a trafiggerle l’anima, la Madonna era pronta e pietosa.
L’Addolorata se ne stava ai piedi della chiesa . Era lì che attendeva, povera madre. A darle conforto i suoi portatori. Nessuno lasciava sola Maria. E intanto si chiamava la croce. Tre volte si chiamava. Fin quando col cuore scoppiettante arrivava l’ora di lei. La desolata veniva issata da terra. Per tre volte la si chiamava.
” Vieni, Maria. Vieni, Maria”. Più forte: “Vieni, Maria”. E Maria correva,. Correva veloce. Con il manto nero che librava nell’aria, vestita di lutto arrivava, e tra le mani sue dolci le veniva consegnato il figliolo.
Tutte le madri piangevano la notte del venneri santo. Tutte si sentivano Madonne. Tante, scalzate dai propri sandali, accompagnavano la Madonna in processione lungo la via della Croce. Con canti di dolore e di pietà invocavano perdono alla madre e al figlio. E si sentivano la sofferenza ed il lamento. Anche i bambini li sentivano. La simana santa era la più grande preghiera alla pietà di Dio.

Lu sabatu santu, era la notte della veglia. Nella piazza un grande fuoco raccontava la luce di Cristo. Nelle fiamme che ardevano, venivano bruciate le vecchie immaginette dei santi e le palme dell’anno passato. Dio li aveva benedetti e donati, e a lui tornavano col fuoco.
Si riaccendeva il cero pasquale. ‘Questa è la notte da missa a storta’, dicevano gli anziani. Erano loro la vera essenza di questi riti. Sapevano tutto i vecchi. Erano testimoni della fede oltre che della storia. E raccontavano con orgoglio e minuzia i segni di una tradizione che tramandata, si ripeteva. E tutti tornavamo anche per questo.
Sull’altare, i più giovani, avevano allestito un grande sepolcro. Alla mezza esatta, lampi e tuoni. Fulmini e saette. E il Gloria faceva rotolare giù la pietra. E Gesù risorgeva.
Alleluia, Alleluia!
La statua del Cristo risorto era meravigliosa. Tanto quanto lo erano gli occhi dei ragazzi, fieri e orgogliosi di quel segno riuscito che restituiva al paese l’emozione di un’altra Pasqua di resurrezione.

La dominica era di Pasca. A santa Pasca, diceva mia nonna. La festa più bella dell’anno, il momento che tutti attendevano con giubilo. E veniva nuova, con la vita che aveva vinto la morte.
Da noi, era a dominica d’Affruntata. A ‘ncrinata, a Cumprunta. L’incontro tra Maria e Gesù. Un rito tradizionale antico che si perpetuava nel tempo. Corso Margherita, si vestiva festa. Le due sponde della strada era gremite di gente. Si vedevano turisti e famiglie dei paesi viciniori.
San Giovanni, attendeva il fischio per aprire il viatico. E fremeva. Carico di gioia e di bellezza, si vedeva impaziente.
Maria, straordinariamente bella, vestiva ancora di lutto.
– Levatele via quel manto nero – gridava qualcuno. Ma bisognava aspettare. La cumprunta non era ancora avvenuta.
Un atto che non era solo un rito, ma raccontava veri momenti di evangelizzazione per la chiesa cattolica.
Mastro Peppino, era il pioniere di San Giovanni. Mastro Nino invece quello della Madonna. Erano loro erano i vecchi custodi di quell’incontro. I santi, così come tutti identificavano Giovanni, Maria e Gesù, venivano sistemati al loro posto. Ogni statua veniva preparata con le sue stanghe. Tutto doveva coincidere, essere preciso. Niente doveva andare storto. Quattro portatori per ogni statua. Cinque per la Madonna. Uno doveva svelare Maria. Una maestranza che si tramandava di padre in figlio. Un compito nobile, un onore e un onere. Una forte responsabilità quella di levare alla Madonna il manto nero nell’attimo esatto dell’incontro con il Cristo risorto, restituendole la gioia della vita con il candore del mantello bianco.
Un nodo alla gola, l’andare e venire di San Giovanni, a cui Maria in prima battuta non crede mai.
‘È risorto lui’, le dice. Ma la Madonna tentenna. Giovanni insiste. Per quattro volte, va e poi viene. Sale e poi scende. Sale dalla Madonna per dirle del risorto, e scende da Gesù per raccontargli l’incredulità della Madonna. Solo la quinta Maria sovviene. E allora, va. La Madonna, è pronta alla ‘ncrinata.
Viene presa in carico dai portantini. È pesante. Legno di una volta. Ma non si scoraggia nessuno. E pure i più deboli diventano forti.
Gli occhi della folla, corrono da un capo all’altra della strada. È l’ora.
Dalla traversa in cui era stata precedentemente posta, la statua della Madonna viene portata sulla strada principale. San Giovanni è in fondo alla via con Gesù. Manca davvero poco.
Maria comincia la sua discesa. Dal passo al trotto, passa alla corsa. La Madonna corre, va veloce. Non si ferma più. Ma ria incontra suo figlio.
I cuori scoppiano, gli occhi piangono. Si alzano nell’aria battiti di mani e voli di colombe.
È la Pasca santa a lu piasi. È la pasca di na vota.
gsc

**** foto tratta dal web****

I JORNA I PASCAultima modifica: 2021-04-01T11:39:45+02:00da giusystar99
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in Briatico, calabria, cultura, eventi e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.