Immaginatele le formiche:
tutte nere come la terra
in un inverno senza mai l’estate.
E le terre infinite?
Giochi d’estate, senza mai bambini.
Eppure i formicai
son giochi di bambini a piena estate.
Ora, immaginate una palla
rotolare di qua e di là
senza stancarsi.
Passa per l’estate,
entra nelle altre stagioni
e se ne va.
Si posa tra i piedi scalzi dei bambini
dov’è che si vede insanguinarsi il gioco
tra le mandibole spossate di un soldato.
La mette al muro il soldato e…
boom!, scoppiata.
Immaginatele ora, le formiche:
tutte fuori dal formicaio
in disordine e sparigliate.
Tutte, verso Gerusalemme
senza più croci.
Deportano occhi tra le loro mani
e negli occhi, tre chiodi.
Tre pungenti chiodi per tutti.
Sentono il grano
e non conoscono la spiga.
Sussurrano alle canne
e non sanno dei canneti.
Seppelliscono la morte
e non sanno morire.
Ma assaporano il Golgota
sulla bocca dei bambini.
E conoscono le grida, e sanno dei dolori.
Immaginateli quei bambini:
vestiti con un pigiama a righe
a portare le ossa all’ossario
dentro un’urna di ferro spinato
calciando una palla nuova.
È la loro testa la palla.
La loro testa
che cade e schiaccia le formiche.
Brutta fine quella del formicaio!
Un tramonto mortale
scende sopra il volto di Auswitz.
Il sole ha il gelo alle dita,
scandagliamogli le mani.
Questa è un’ora da non dimenticare.
Giusy Staropoli Calafati