UN ALTRO FIGLIO(calabrese) CHE PARTE. CALABRIA-LONDRA (tratta da un racconto di gsc)

LONDRA 1Se ti scrivessi” cara mamma” sarebbe una lettera come tante. Allora incominciò così:

Ciao ma’,

Sono io, il tuo pesce palla. Il Simo della tua vita. L’uomo di casa. Tutte le volte che mi hai chiamato così mi hai fatto sentire importante, anche se Te lo dico ora per la prima volta. Era come sentirsi dire: ” bravo Simo!”

So che una lettera da me non te la saresti mai aspettata. Simone è uno forte, hai sempre pensato. Simone non piange mai. Simone è questo, Simone è quello. Ma Simone, ma’, è debole come tutti i figli. Facciamo finta di essere duri, specialmente i maschi, ma poi… quando meno te lo aspetti veniamo giù come pere. E se non ci fossero le madri, saremmo finiti veramente.

Ci sono cose che avrei potuto dirti ogni giorno della nostra vita. Mentre cucinavi, o quando mi invadevi la stanza con la scusa dei panni fuori posto. Però non l’ho mai fatto. Ho sempre avuto paura di parlarti dei mie sogni, di come immaginavo il mio futuro, dove, con chi… E forse ho sbagliato, non lo so. Il fatto è che nella vita non sai mai quello che giusto e quello che no. Le cose vanno, vengono, succedono e poi… poi niente le prendi per quelle che sono, per come ti capitano.

A questo punto della lettera, ti immagino già seduta. Gli occhi lucidi, le mani tremanti…

Dai, speriamo che ce la faccio. Non è facile neppure per me. Ma in fondo, noi due, siamo stati sempre pronti alle novità, ai cambiamenti…

La nostra è una terra dura, mamma. È sempre riuscita a far scappare via tanta gente. Ha perso sempre i più onesti, i più lavoratori, e forse anche i più sognatori. Dicono tutti che è troppo stretta. Non concede occasioni, non offre opportunità, tarpa le ali, non sogna, non ne realizza. Qui tutti tornano per il mare, il sole, le vacanze. I padroni delle case tornano solo in villeggiatura. E non è abbastanza per noi, mamma. Quando c’è di mezzo il futuro, le bellezze, i panorami, non bastano più. Valgono troppo poco. Non so se riesci a capire ciò che provo. Io non mi sono mai illuso di riuscire a fare qualcosa di grande al paese. Il paese è troppo piccolo per le cose grandi. E noi siamo troppi pochi. Il sistema non funziona, ci lascia soli, non ci sostiene. Non ci da lavoro. Ci sottrae al lavoro.

Il fatto è che forse sono  cresciuto ormai, e ora vedo le cose in un altro modo. Da grande. Sento che ho grandi responsabilità verso me stesso e verso gli altri. Non ho schemi precisi è vero, ma ho tante ambizioni.

A un certo punto i figli crescono, mamma. Se hanno una madre soltanto, come me. Se hanno una madre e un padre. Se la famiglia è tradizionale o è una famiglia allargata. Qualunque sia lo status in cui stanno, crescono. E da grandi si cerca, si vuole… Quel che da bambini bastava a farci sorridere, ora non è più abbastanza. Cambiano il pensiero, le responsabilità… Cambia tutto.

E poi, questa terra è pazza, mamma. Ti cresce e poi non ti sa tenere. Ride quando nasci e piange quando parti. Ma che vuole? Perchè non parla con noi giovani? perchè non prova a capirci?

Con tutti gli sforzi che fa, proprio non riesce a darti un solo motivo per restare. Quanti sacrifici hai fatto tu per me, eh. Quante umiliazioni hai preso dai tuoi padroni. E quanti ne hai serviti. Quante scale hai lavato e quanti passi ripulito sopra. Quante assurde meschinità, hai sopportato. Una donna sola con un figlio a carico, quaggiù è cosa dura. È chiacchiericcio e malizia. E tu sei stata brava, sei andata avanti a testa altra. Ma io non sono come te, mamma. O forse conta il fatto che adesso che sono grande voglio di più per tutti e due. Per me e per te. Voglio un futuro mio, capisci? E non un futuro a caso, di quelli che il Sud certe volte, quando è alle strette, pare elemosinare. Voglio il futuro che sogno, quello che immagino quando disteso sopra il letto alzo gli occhi al soffitto e vedo il  mondo girare sopra la mia testa. Il mondo grande con tutte le sue avventure, la sua grandezza… E non sono le fantasie della giostra, le mie. È la mia vita. E io ho deciso, mamma. Ho deciso finalmente cosa voglio farne.

Ho preso la maturità con il massimo dei voti. E ora voglio di più, mamma. Non mi basta fare il bagnino al lido d’estate, e neppure vendere i gelati alla stazione dei treni. Io voglio provare a capire di più. Voglio continuare i miei studi. Il futuro non aspetta, è un treno che passa e lascia alle spalle un deserto africano vero e proprio.

Simone da domani sarà un altro di quelli che partono. Ho deciso, mamma. Farò questo viaggio anch’io. Lontano da qui.  E il giorno è finalmente arrivato. Londra mi sta aspettando. La desidero e la sogno da un sacco di tempo. Già vedo il suo cielo grigio e la sua fretta. Saprò amarla, sai. Saprò farmi amare. Bisogna volerle le cose, lo sai. Crederci. Mi hai sempre detto che Cambridge non è roba per noi. Invece ti sbagliavi. Perché io ce l’ho fatta, mamma. Mi hanno preso. Non sono poi tanto cìoto come figlio, e neppure tanto palla come pesce. Sono un rarazzo che a 19 anni vuole di più. Un più che qui non esiste, che mi porterà lontano, ma mi dirà speranze nuove. E lo sai anche tu.

I sogni vanno rincorsi, mamma. Vanno realizzati a tutti i costi. Le occasioni vanno colte, le opportunità pure. Lo faccio per noi. Perché un giorno possiamo ricominciare assieme da dove ci siamo lasciati.

Il tempo passerà in fretta, vedrai. Noi siamo forti.

Parto per dare un senso alla mia vita, ma soprattutto ai tuoi sacrifici di madre. Vado, imparo più che posso e poi torno. Tu non devi fare altro che aspettarmi. Perché io tornerò e ti porterò via, con me. È una promessa.

Ora devo andare. L’aereo parte fra un po’.

Tu asciugati quelle lacrime, lo sai che non mi piace vederti piangere.

Abbiamo cura di noi, mamma. Di ciò che siamo stati, di ciò che siamo e che tutto ciò che saremo.

Ciao ma’!

Il tuo Simone.

(Un altro figlio che scappa)

P.S. Abbi cura della nostra terra. E insieme perdonatemi se non ho resistito.

UN ALTRO FIGLIO(calabrese) CHE PARTE. CALABRIA-LONDRA (tratta da un racconto di gsc)ultima modifica: 2019-11-09T17:49:35+01:00da giusystar99
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