IL RACCONTO. La terra di mio padre

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI*

( da: http://www.zoomsud.it/index.php/cultura/79110-il-rfacconto-la-terra-di-mio-padre.html)

A vent’anni mia madre mi diceva: – fatti una famiglia figliolo. Se vuoi che la tua vita sia felice, una famiglia ti devi fare. Ti serve una famiglia. Senza famiglia non c’è uomo e non c’è donna che vive tanto a lungo. Gli anni non durano per sempre. Passano e non tornano gli anni. La gioventù sfiorisce. È una sola passata di stagione, la gioventù. Tutto passa Corrado. Anche le donne. La famiglia invece resta. Resta sempre.

Ma non sapevo che farmene io di una famiglia. Mi piacevano le donne. Tutte le donne mi piacevano. Le belle donne. Quelle che avevano vita e te la davano. E ne avevo di donne io! Ché mi serviva una famiglia?
Mia madre però, non si dava per vinta: – trovati una ragazza seria, Corrado – insisteva.
– Io non campo per sempre. E quando non ci sarò più, chi ci pensa a te, figliolo? Eh!, chi ci pensa? –
– Ci penso io, ma’. Ci penso io. –
Ma non si dava pace, mia madre. Il suo grande desiderio, era quello di vedermi ammogliato, con qualche piccolo moccoloso attorno. O forse più di uno.
– Meno chiacchiericcio e più ciavolame di figli – diceva. – Carne Corrado. Ricchi di carne dobbiamo essere a questo mondo. Ricchi di carne e non di terra, figliolo. Di carne, capisci? -.
Da quando era morto mio padre, a lei, bontà del cielo, ci pensavo io. Aveva solo me mia madre. E io soltanto lei. Era l’unica donna che amavo, mia madre. E la tenevo come una regina. – Senza corte – diceva lei, – se non mi fai qualche nipote, figlio disgraziato, sarò l’unica regina senza corte. – E poi rideva.
Mi voleva un bene straviziato, mia madre. E mi cresceva con i suoi pensieri. Le sue preoccupazioni. Il suo bene.

Lavoravo la terra come un mulo tutto il giorno. Lo avevo promesso a mio padre, quando si seppe che non ci sarebbe rimasto a lungo su questa terra. – Promettimi che ti prenderai cura del Farcò – mi disse. Quel podere apparteneva alla nostra famiglia da intere generazioni – Te lo prometto pa’. Te lo prometto. – incrociando il medio sopra l’indice e baciandomi le dita sopra e sotto.
Mi aveva dato la sua terra, mio padre. E alla sua terra aveva dato me.

Avevo sotto di me, più di dieci lovaranti. Tutte donne. E le avevo sotto in tutti i sensi. A me piaceva averle sotto e queste, che portavano le zinne sempre esposte, se la scialavano a starsene impregnate dal sudore che mi grondava nel mentre che mi affaccendavo a renderle sazie e mi saziavo. Ero il padrone, ero. E il padrone va accontentato. E accontentava il padrone. Più accontentava, più gli lavoravano le femmine, al padrone.

A mia madre però questo mio debole per la carne ‘strania, le faceva marcire l’anima. – Mettiti a posto la testa Corrado. Una. Solo una devi averne. Una donna sola. Sposatene una e custodiscila come roba preziosa. La donna è come la terra: se la lavori con cura e passione, con costanza e amore, da buoni frutti. Che lascerai a questa terra un giorno? A chi lascerai la terra di tuo padre? -.
Morì dannata mia madre.

A sessant’anni avevo fatto godere il muscolo centrale, assai. Tanto, che l’ennesima volta che mi venne d’issarlo con Paolina, stanco com’era, per il troppo e continuo spreco energico che gli facevo fare ancora a quell’età, che brutto bastardo, mi lasciò sul più bello.
– Ha perso le penne il padrone! – cinguettavano ridenti le figlie delle lavoranti, che di bene oltre che alla terra mia, ne avevano fatto anche a me. Bene di corpo mi avevano fatto. Un bene che aveva mandato a farsi fottere quello della terra.

E fu allora che ripensai a mia madre. Alle sue prediche di donna antica. Alle sue ragioni.
<Cui non senti mamma e patri i mala morti morirà>.

Un giorno, l’ultimo forse, i figli che avevo lasciato alle lavoranti, tutti senza padre e senza nomi, me li vidi come corvi attorno al letto. Imprecavano. No, anzi pregavano. No. Non so cosa facevano.

Capii però che alla terra avevo lasciato tanti eredi. Ma la terra non avevo potuto lasciarla a nessuno. Orfana era rimasta la terra di mio padre. Orfana come i miei figli.

*Poetessa e scrittrice

 

IL RACCONTO. La terra di mio padreultima modifica: 2015-04-11T15:44:25+02:00da giusystar99
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