RIFLETTORI SU “SAVERIO STRATI”, LO SCRITTORE CALABRESE DIMENTICATO.

Tra i fiumi di ginepri indolenti, le essenze magàre dei cedri, la corale dei gelsomini, la prepotenza delle zagare e il profumo essenziale dei bergamotti, la Calabria, da sempre chiusa nel silenzio mistico del suo Sud, che le appartiene col sangue e con la carne, tra scecchi, fienili, case coloniche e manovali a cottimo e a giornata, dà i natali a grandi intelletti e luminari. Uomini di penna con teste gloriose da passare agli annali della storia e della letteratura come patrimonio dell’umanità. E si va in groppa a un asinello, che va legato dove il padrone vuole, a zonzo per le fiere letterate calabresi: da Crotone che partorì Pitagora, a Cosenza che vide fumare la scienza di Telesio, a Sambiase che fiorì la rosa di Costabile, a Melicuccà che registrò all’anagrafe la poesia di Calogero, fino all’insud più assoluto e ostinato, verso più infiniti paralleli che si aprono lungo il kilometro più bello d’Italia, come il poetare volle nominare, dove uomini che hanno lasciato il segno e la giacchetta senza fiore nell’occhiello, ma una penna dentro nel tascino che di inchiostro ne ha versato a vita, regnano ininterrottamente nei latifondi colti della memoria che s’apre, vivente, tra le ariose pagine di una potente letteratura nazionale. E’ proprio sù sù, in sù le vette altoelevate che si affacciano sul sacerdotale mare dello stretto, tra i cavalloni che corrono fin sopra la spuma di miti e leggende, che in più terreni, da ventri materni furono appostate mine intelligenti in carne ed ossa. Una fiera di letteratura: Tommaso Campanella , Corrado Alvaro, Leonida Repaci, Mario La Cava, Francesco Perri, Saverio Strati. Tutti figli di Calabria, tutti eletti. Saverio Strati, tra tutti ancora vivente, diventa altro che una questione meridionale. E lascia la manicola per la penna! Se lo sono scordati tutti, pover’uomo, profeta dei libri scritti a mano. Pure i parenti e la terra. Eppure ne scrisse di Calabria, Aspromonte e uomini, che in quei libri non smettono mai di raccontarsi. Figlio di muratore, povero dalla nascita, grazie allo zio d’America trovato, Strati inizia la sua carriera di scrittore, penetrando come una furia ruggente, nel panorama letterario italiano, cogliendo di sorpresa il lettore, che diede nell’immediato, pieni consensi alla sua coinvolgente, ricca e vivente prosa. Il suo esordio con Mondadori, fu per l’uomo calabrese emigrato all’altitalia, l’occasione ladra che gli fece raggiungere un’abbondante popolarità. Oggi però la fama dello scrittore, nato a Sant’Agata del Bianco per scrivere e non per impastare catini di cemento si è fatta fame, chè editori lettori e letteratura, qualche volta carogna anch’essa, se lo son dimenticati infodo al mondo. Stabilitosi a Scandicci, vicino Firenze, negli anni di innumerevole carriera, oggi, Strati fa i conti con la frustrazione di chi riceve, ingrato, l’abbandono dei salotti letterari di tutto un paese, che immotivato, spegne i riflettori su di lui, lasciandolo nel buio più prepotente che uno scrittore possa conoscere. Saverio Strati, oggi, rappresenta uno degli ultimi scrittori viventi del ‘900, al quale la Calabria deve grandi riconoscenze, per aver saputo nelle sue opere, riportare per esteso, in maniera concreta e reale, la vita, i profumi e i venti furiosi e ribelli di una terra, che comunque vada, anche dopo morto gli resterà parente tale e quale a sua madre. Strati nasce nell’Aspromonte delle meraviglie, lassù dove c’è una felicità tale, che solo a piedi è possibile raggiungere. Lo stesso Aspromonte di Corrado Alvaro e della sua gente in Aspromonte, che quando Strati pubblicava i racconti de “La Marchesina”, Alvaro moriva. Due uomini di Calabria e un solo Aspromonte raccontato in tanti libri perchéil mondo non se ne scordi e la sua gente non finisca mai di essere raccontata raccontandosi. Di Calabria letteraria è tempo toujours, perché dopo che muore ogni scrittore ne nasce sempre un altro che racconta ancora.GSC

Cresce in una modesta famiglia , dove il sacrificio dei genitori, riusciva a non far mai mancare il pane sulla loro tavola. Finite le scuole elementari, avrebbe voluto continuare gli studi, ma non gli fu’ possibile perché le condizioni in cui si trovava la sua famiglia non l’avrebbero permesso. Quella di Strati fu una famiglia molto povera. Il padre, era un piccolo muratore, che per sopravvivere , coltivava la terra che era stata presa in affitto da alcuni signori, dove spesse volte anche Saverio, era piegato ad aiutare il padre nel faticoso lavoro dei campi. Col tempo, imparo’ anche lui a fare il muratore, diventando abbastanza bravo. A 18 anni infatti, divenne “capo-mastro”, e riusciva a guadagnare lo stesso compenso di  suo padre, ma fu in quel momento della sua vita , che la voglia di leggere fu più forte del resto delle sue emozioni. A 21 anni, poi, nel 1945, fu forte la sua voglia di andare oltre la maestria del muratore e oltre i confini delle sue terre, che chiese aiuto economico  ad uno zio, fratello di sua madre che viveva in America. Saverio ricevette da lui subito dei soldi e la promessa di un sostenimento mensile che lui stesso gli avrebbe fatto avere. Cosi’ andò a Catanzaro, dove prese lezioni private da eccellenti professori e da esterno riusci a prendere la maturità classica. Da qui, poi, si iscrisse presso la facoltà di Lettere e e Filosofia , all’università di Messina. Scrivere , per Saverio negli anni divenne ,un elemento essenziale per la sua esistenza, tanto che nel 1950-1951, incomincio’ a scrivere senza freni, quasi fosse un turbine di parole  impazzito dalla necessita’ di metterle su carta. Ebbe poi , la grande fortuna di seguire delle lezioni su Giovanni Verga che venivano tenute da  Giacomo De Benedetti. Fu proprio a lui, che dopo una sempre piu’ profonda conoscenza, Saverio fece leggere i racconti de”La Marchesina”. Superando le aspettative di Saverio, che speravano, ma non credevano in un giudizio positivo da parte del suo professore, De Benedetti, ne rimase  affascinato, al punto che presento’ l’opera a Arnoldo Mondadori, dove lui era il curatore de “Il Saggiatore”. Da qui la carriera dello scrittore nato e cresciuto nelle terre dell’Aspromonte, grazie allo zio d’America , che diventa la sua forza economica, spicca il volo nei più importanti salotti letterari italiani. A seguire , scrisse poi altre opere , tra cui: La Teda”, 1957, “Tibi e Tascia” che vinse il premio Vaillon a Losanna nel 1960. Conobbe poi una ragazza in Svizzera, della quale si innamoro’ . Si sposo’ subito dopo, e  rimase in Sizzera per circa 6 anni, dove scrisse “Noi Lazzaroni”, romanzo nel quale affronta fortemente il tema dell’emigrazione. Nel 1972, torno’ in Italia, dove scrisse nuovi romanzi, tra cui “Il nodo”, “Gente in viaggio”. Tra il 1975/76, scrisse “Il Selvaggio di Santa Venere”, con il quale vinse il premio “Supercampiello” nel 1977. A questo, seguirono poi altri romanzi, fino al 1991, quando la casa editrice Mondadori, con la quale nasce Saverio Strati scrittore, rifiuta di pubblicare “Melina”, e rigetto’ il suo ultimo romanzo “Tutta una vita”che poi rimase del tutto inedito. Con i premi ricevuti e i libri pubblicati durante tutta la sua carriera, Strati, accumulo’ il gruzzolo che lo aiuto’ a vivere in tutti questi anni di luci basse sulla sua vita da scrittore. Ma oggi che le sua  tanto ambita scrittura, e’ costretta a deglutire l’amarezza della mancata riconoscenza e della mancata quantita’ di luce che  possa farla rivivere, lo scrittore torna  e chiede le giuste e dovute rendite per il lavoro svolto durante la sua vita. E oggi, che Strati torna , il salotto letterario italiano e’ giusto si riconfermi eccellente e apra nuovi riflettori sullo scrittore. E’ giusto che L’Italia oggi scriva per Strati le pagine di un libro dedicate a chi prima ha scritto libri per l’Italia intera;  e che la storia possa rendere giusta tra le sue pagine, la notorieta’ letteraria tale della consapevolezza dell’eccellenza , dello scrittore di Scandicci, dello scrittore di Calabria. Allora, che siano i giovani di questo secolo nuovo, a leggere Saverio Strati, a ripercorrere le strade che hanno formato la sua narrativa e a simulare in questa frenesia dell’essere, moderna e apatica , i tratti di uno scrittore costruito a cavallo di due tempi, sperimentando il paragone di due pensieri a confronto,e alla fine , trovare nella narrazione di Strati  i segni tangibili che eguagliano il vociare di due secoli, elevandone un unico pensiero.

 

 

 

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