DOMENICO LUCANO: LA MORALE DELLA FAVOLA DI RIACE

domenico-lucanoUn’indagine non è un’accusa.
#iostoconilcurdo
La nave batteva bandiera curda. Portava un nome strano: ararat: speranza.[…]
[…] – Sono sbarcati in centinaia. Boccheggiavano come pesci.[…] – Cosa credevi, Lucano? – gli dissero. – I voti quaggiù non si prendono certo parlando di immigrazione. La pelle nera va scorciata altrove.[…]
A Riace venivano riaperte case e balconi. Annaffiati e festeggiati i gerani.[…]
[…]– Ma Lucano è legale quello che stai facendo? – gli chiesero.
– È un problema che non mi sono ancora posto.[…]
[…]In Calabria secondo certe pregiudiziali, v’erano tante teste di minchia. Alcune erano quelle che per quattro soldi si vendevano l’onore; certe altre invece quelle che propagandavano il Mediterraneo, il mare dei pesci neri, diventati grossi a carne di migranti. Ma per certo Mimì Lucano era il più grande testa di minchia di tutti. Restituiva dignità ai migranti dandogli degli uomini, e ridava vita al suo paese.[…]
[…]– Questa è solo utopia Lucano. La politica non ha tempo di investire nei sogni.
– Allora sarà l’utopia della normalità.[…]
[…] – Vogliamo ringraziarti per quello che hai fatto per noi – gli disse una mattina Zaccaria.
– Non ho fatto nulla di importante. I fratelli si aiutano, Zaccaria. E io semplicemente l’ho fatto.
– Grazie, Lucano, grazie.[…]
[…] Vennero allestiti laboratori di tessitura, producendo il filo della ginestra. E poi quelli di ceramica, vetro, ricamo…
Abeba veniva dall’Etiopia: – Sono a Riace dal 2008. Traduco dall’arabo, tigrino, amarico per la gente che viene qua e che non parla l’italiano. Mi trovo bene.
Helem dall’Eritrea. Lavorava in un laboratorio di ricamo. Era incinta di otto mesi quando era arrivata. Con i soldi guadagnati a Riace, cresceva bene sua figlia.
Issa invece aveva trovato lavoro nel laboratorio di ceramica.
– Sono arrivato dalla Turchia con la nave. Prima ho lavorato al telaio, poi ho fatto le marmellate d’arancia e ho raccolto le olive.
– Hai nostalgia dell’Afghanistan? – gli chiede avvicinandolo Mimì.
– Sì, tanta. Laggiù c’è la mia famiglia.
– Vorresti tornarci?
– Se non ci fosse la guerra! – sospira Issa con le lacrime agli occhi.[…]
[…]La scuola a Riace riapriva dopo circa un decennio di inattività e venivano assunti docenti. I nuovi riacesi aprivano negozi. Servivano macellai, fornai… C’era lavoro per tutti.
Anche Melo, oramai in pensione, riprendeva la sua attività facendo scarpe di pelle per gli ospiti.
– Vengono e mi chiedono di riparargli le scarpe vecchie – diceva. – Lo faccio con piacere e non mi pago. Non hanno soldi loro, poveri cristi. E li aiuto così, come posso.[…]
[…]Ramudullah era solo. Non aveva una famiglia. Niente padre e niente madre. I talebani erano entrati sulla sua casa e l’avevano distrutta. Avevano ucciso. Lui l’avevano ferito. Con una bomba l’avevano colpito all’addome.[…]
[…]– Assomigli al mio papà, gli disse un giorno Ramudullah nella sua lingua.
– Tu somigli forte a un figlio, Ramudullah – rispose Mimì stringendoselo al petto.[…]
[…]– Grazie, sindaco – gli disse Biase. – Nessuno mai mi aveva dato un ruolo in questo paese. Non finirò mai di ringraziarla – sentendosi finalmente qualcuno. Protagonista.
– Non ringraziarmi, Biase. Fa un buon lavoro e fa vedere chi sei.
– E chi sono io?!, Biase sono![…]
[…]– Come ti senti, Lucano, adesso che una rivista come Fortune ti da dato visibilità nel mondo?
Mimì sorrise. Fece spallette, poi rispose: – Non è che adesso perché una rivista americana mi ha inserito tra i sessanta uomini più influenti al mondo posso dire di volere chissà cosa. No!, non avrei coerenza con quelle che sono le mie sensibilità. A me non interessa né l’economia, né il potere. Neppure avere ruoli importanti mi interessa. Già mi piace quello che sto facendo.[…]
[…]Riace, non restava altro che un coccio di mondo. Freddo d’inverno e mite d’estate. Un paesetto dell’entroterra, dove non tutti arrivavano e dove in molti invece cercavano di restare. Un coccio antico sopra il mare. Figliato con parto dolente, dalla montagna.
Un groviglio di voci. Mugolii di gatti sparsi, abbai di cani e poi odore selvaggio di lupi.[…]
#Hastasiempre
TRATTO DAL MIO ROMANZO INEDITO: Mimì il curdo
DOMENICO LUCANO: LA MORALE DELLA FAVOLA DI RIACEultima modifica: 2017-10-07T12:08:21+02:00da giusystar99
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