Cose di Paese. (Briatico, un giorno di settembre)

piazzaPaese. Briatico. 18/09/2017
Lunedì. Sveglia di buon’ora. Si ricomincia.
L’aria ancora croccante di fine estate sembra attendere le uscite di tutti. Chi va a lavoro, chi a scuola. La vicina annaffia le ultime foglioline del basilico, mentre a farfugliare sulla sua testa almeno una dozzina di vecchi bigodini raccolti in una retina rosa.
Maria è di già sulla strada per il cimitero con un fascio di garofani per il suo Giacomino, e il paniere pieno di provviste. Dopo andrà in campagna.
Borse, zaini. Macchine in moto. Si va.
Chi si addentra in paese e chi ci esce. Io mi addentro per portare a scuola i figli. Alcuni bambini escono dal negozio di generi alimentari di Giovanni. Tra le mani panini con mortadella, salame…
In via Gabriele D’Annunzio all’altezza del consorzio un piccolo ingorgo. Mi accosto per far passare l’automobile in sosta davanti a me, mentre dall’altra corsia vedo mettersi in moto la macchina di Pasqalino il falegname. Con lui il fratello, uno degli ultimi emigrati ancora rimasti al paese. È lui. È Leone.
Ricordo immediatamente la data di oggi. Il 18 settembre parto per la Merica, mi aveva detto quando era venuto in giugno.
Non posso crederci. Gli vedo negli occhi tutta Briatico: la torre, il mare. Il bar di Giuditta, il covo, la piazza, i tramonti.
– Allora si parte?
E lui: – yes.
Avrei voluto dirgli: torna presto. Non ce l’ho fatta. Una macchina dietro già suonava.
Appena in tempo per un veloce: buon viaggio.
E procediamo entrambi: lui verso il #ritorno oltreoceano, io verso il paese.
Mio figlio mi chiede: ma’, dove va?
E io: parte?
-E dove va?
– Alla Merica.
– Ma torna?
– Certo che torna. Questo è il suo paese.
– Sarà triste il tuo amico. Non è vero, ma’?
– Credo proprio di sì. Ma lui Briatico lo ha nel cuore.
– E pure negli occhi. Non hai visto com’erano innamorati? – dice mio figlio.
– Li ho visti, li ho visti – rispondo.
Arriviamo a scuola. Lì davanti mamme e bambini. Papà, maestre, i vigili urbani. Voci concitate, zaini…
È bella la scuola. È tutto in un paese. Lo adorna. Lo guarnisce come il “cucco” nelle pitte filate. È saporita, sperta. E senza, niente ha senso.
Lascio i miei figli in quel vivaio meraviglioso di ragazzi e mi rimetto in marcia.
Il paese oramai è tutto sveglio. Molte donne escono dalla chiesa. Pure la messa del mattino è terminata, grazie al Signore!
Mio padre è già al negozio. Mantiene questa attività dal ’73. Oggi è il suo compleanno. Eppure non si risparmia. Nessuno lo fa dalle nostre parti. Qualcheduno esce dal giornalaio con il quotidiano in mano. Qualche altro scambia due chiacchiere “o puntuni” . È la procedura paesana.Tutto normale.
La signora Anna, rimasta sola, ha la finestra aperta. Chissà da che ora è sveglia.
Paola che ha il pondo della famiglia, marito e figli, sale per andare a prendere il pane. Io guardo l’orologio e mi mordo le labbra. Se non corro a lavoro so’ cazzi.
Pigio l’acceleratore. Leonardo è davanti il suo studio. Annina va a casa del figlio, s’è lasciato con la moglie tempo addietro e adesso ci pensa lei. Una mamma è per la vita.
Il mare mi rimane sulla sinistra. Sbrilluccica. Supero il calvario. Sono già all’uscita del paese.
Il paese più bello del mondo.
#vitadipaese

 Giusy Staropoli Calafati

Cose di Paese. (Briatico, un giorno di settembre)ultima modifica: 2017-09-19T10:47:21+02:00da giusystar99
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